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STAR WARS È MORTO

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In molti lo aspettavano, in molti ci speravano e tra questi molti cultori o fan della prima ora, come chi scrive. Ma questo episodio VIII (“Gli ultimi Jedi”), uscito l’altro ieri al cinema, è riuscito nel peggiore degli intenti: uccidere definitivamente Star Wars.

Ci sono tanti motivi per cui si potrebbe dire che il film di Rian Johnson non funziona, ma in fondo ciò che conta è solo un aspetto: il film non crea pathos, è un’accozzaglia di colpi di scena non suffragati da alcuna base narrativa o caratterizzazione dei personaggi, da vivere in completa apatia.

Chi ha visto gli storici sei film (la trilogia originale degli anni ’70-’80 e quella prequel dei primi anni 2000) sa cosa significa quest’affermazione: Star Wars è una favola, ok, ma una favola che insegna tanto. La banalità del Male, il conflitto e le sfumature del Bene, i labirinti tortuosi della politica, l’arma a doppio taglio degli affetti, il coraggio dell’eroismo. Tutto condito da epicità.

L’epica, fin dai poemi di Omero, è questo: ciò che narra le gesta leggendarie di eroi o popoli che rappresentano l’identità di una civiltà. Star Wars, con tutti i suoi limiti da blockbuster hollywoodiano di fantascienza, era comunque in grado di descrivere le tensioni opposte e contraddittorie dell’essere umano che, inserite in situazioni estreme, creavano emozione. Epica, appunto.

Tutto questo non c’è più. E senza epica non è più Star Wars.

Inoltre c’è da aggiungere che questo capitolo VIII è un continuo richiamo di film precedenti (soprattutto “L’impero colpisce ancora” e “Il ritorno dello Jedi”). Ma si potrebbe dire che questo è un vezzo da fan conservatore e che forse il film è più per chi non è cresciuto con Star Wars, per le nuove generazioni. Ebbene neanche considerando solo questo ed il capitolo precedente si riesce a salvare il nuovo corso della saga.

Le domande che il non eccelso Episodio VII (“Il Risveglio della Forza”, uscito nel 2015) lasciava aperte sono tutte disattese, alcune addirittura “tranciate via con una spada laser”, in una sceneggiatura fatta di poche ambientazioni principali e dialoghi monchi, che durano troppo per poi interrompersi quando dovrebbero trovare un senso.

Ci sono tre o quattro cose che funzionano, spunti interessanti che vanno al nocciolo di Star Wars o che potevano perfino aprire un vero nuovo corso. Ma il problema è che appaiono completamente decontestualizzati, anche perché sono accostati a sequenze trash dal gusto opposto o ad altre totalmente inutili.

Dunque appare evidente che la Disney non abbia imparato la lezione del dark Rogue One-A Star Wars Story (lo spin off uscito lo scorso anno). Quella sí che era una pellicola emozionante ed era anche innovativa.

E così quando esci dalla sala, dopo un finale che non ti lascia niente se non la consapevolezza che Luke Skywalker (lo storico e redivivo protagonista) è l’unico che sa ancora infiammarti, pensi tristemente che il cinema internazionale di oggi è sempre più questo: spettacolarità senza trama, esplosioni senza contenuto.

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