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Corruzione al Ministero dell’Istruzione: ‘Mazzette in cambio di appalti per 23 milioni di euro’

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Scandalo, o presunto tale in attesa dell’ormai quasi certo processo, al Ministero dell’Istruzione. Nel mirino della Giustizia è finita Giovanna Boda, ex capo dipartimento per le risorse umane, finanziarie e strumentali del MIUR, nonché alcuni componenti del suo staff.

Le accuse per lei e altre 14 persone sono gravi e vanno dalla corruzione, alla rivelazione di segreto d’ufficio fino alla turbata libertà di incanti (ovvero l’ottenere un’irregolare aggiudicazione di una gara allontanando altri concorrenti o comunque influenzando la libera concorrenza, ndr). Per l’accusa, la Boda avrebbe ricevuto per lei e il suo staff “indebitamente la dazione o la promessa di denaro per complessivi 3,2 milioni di euro”.

La Boda, quando fu accusata di corruzione, tentò il suicidio. Era il 14 aprile del 2021 e la donna era nello studio del suo avvocato.

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Cosa riguarda il caso di corruzione al MIUR

La vicenda riguarda alcuni appalti per un valore che raggiunge la cifra di 23 milioni di euro. Tra il 2018 e il 2021 Boda e il suo staff avrebbero ricevuto delle bustarelle dall’imprenditore Federico Bianchi di Castelbianco per ottenere lavori da parte del Ministero.

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Stando ai conteggi effettuati a margine della conclusione delle indagini, che è stata notificata alle parti (coinvolte anche alcune società), si parlerebbe di circa di tre milioni e duecento mila euro. Soldi – sotto forma di regali – in cambio di “agevolazioni” per mettere le mani su appalti milionari nel mondo della scuola. Secondo l’accusa il referente “interno” al Miur dell’imprenditore sarebbe proprio Boda.

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I regali

Tra i doni fatti recapitare alla manager figurano una Mercedes a noleggio, lavori, viaggi, PC, addirittura trattamenti medici, ma anche appartamenti in montagna o in affitto nel centro storico, e così via. Perfino i genitori di Giovanna Boda, come ricostruito nel corso delle indagini, avrebbero beneficiato di alcuni favori. Ma dietro a questi regali si sarebbe nascosto però più di un secondo fine, come ricostruito dalla Procura: un piano architettato nei minimi dettagli per accaparrarsi bandi milionari. 

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