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Dillo alla Crinzi: tutte le sere invio curriculum, senza ricevere alcuna risposta

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Ciao Ale,
ti scrivo come si scriverebbe ad un’amica, senza fronzoli e giri di parole, e ti chiedo: perché chi ha più forma che sostanza ottiene sempre il meglio e lo ottiene prima degli altri? Ho trent’anni e un lavoro che non mi piace che non riesco a cambiare. Continuo incessantemente a inviare curriculum senza ottenere nessuna chiamata, mentre nel frattempo vedo tante persone che grazie a pochi meriti – ma le giuste amicizie – vanno avanti, e ingrati si lamentano anche di quello che hanno. No, non è gelosia, perché ottenere qualcosa senza merito non fa per me. Lo chiamerei piuttosto disappunto. Disappunto per un mondo che giudica dalla copertina e che per una copertina soggettivamente poco accattivante, o per un titolo che non conosce, non regala l’occasione di una lettura approfondita. Ho un lavoro dove la meritocrazia è solo una bella parola in un dizionario e il lavoro a quanto pare va avanti grazie a chi muove poco le mani ma sa cantare bene quello che non fa. Questo “bellissimo” lavoro mi tiene impegnata anche 12 ore al giorno e quando torno a casa il cervello vorrebbe solo relax (nelle svariate forme riassumibili nella combo vino, cibo e shopping compulsivo) ma la voglia di cambiare mi dice “manda curriculum”. Visti però gli scarsi risultati (zero chiamate per colloqui) tante volte finisce relax 1 – determinazione 0. In questo duello però il vero vincitore che batte tutti è il terzo partecipante che sguscia fuori all’ultimo: senso di colpa. Non voglio fare la vittima. So che uno deve sempre tentare e ritentare, perché si sa chi la dura la vince, ma a volte la positività viene meno e l’amarezza avanza. Si dice che l’uomo fa le sue fortune e noi siamo le scelte che facciamo, ma come si fa a reagire per l’ennesima volta quando ti rendi conto che sei in un circolo vizioso di insoddisfazione da molto tempo e non ottieni risultati?!
Fortunatamente tutto il resto nella mia vita è perfetto e sicuramente le persone che abbiamo accanto sono la cosa più bella, ma mi piacerebbe trovare un lavoro adatto a me o che per lo meno non mi porti via così tanto tempo che potrei dedicare a chi amo.
So che non hai la bacchetta magica ma so che mi saprai rispondere con arguzia e mi darai uno spunto di riflessione per sbloccarmi dalla mia situazione di stallo che con dispiacere penso possa essere condivisa anche da altre persone.

Con affetto,
Alessandra

P.s. Scusa la penna un po’ polemica e sarcastica ma quando ce vo’ ce vo’ 😝

 

 

Cara A., 

hai detto bene; non ho una bacchetta magica e questa volta non so nemmeno se riuscirò a darti un vero e proprio consiglio. Posso però dirti che ti capisco, e meglio di quanto tu possa credere. Conosco il disappunto di cui parli, quello provocato da persone privilegiate che non si rendono conto d’essere tali. Sai perché reagiscono così? Quel privilegio, nella maggior parte dei casi, non se lo sono guadagnato sudando. Se lo sono ritrovato lì, così, come caramelle dentro a una borsa. Come possiamo pretendere, quindi, che gli diano il giusto valore?

Conosco anche la frustrazione dello svolgere un lavoro che non piace – se vedessi il mio curriculum non crederesti ai tuoi occhi – e pure del non essere compresa. Conosco la rabbia, quella provata nei confronti di questa misera società che mette al primo posto l’apparire, e che ha smesso di dare merito al cervello.

So bene anche cosa si prova nel vedere che quella, quello e quell’altro, senza competenze, vadano avanti, a dispetto di chi dovrebbe farlo al posto loro. Un giorno ti racconterò di quanti incompetenti dall’involucro carino abbiano fatto carriera grazie ai social network: credimi, potrei scriverci un libro – tanto ormai, pure questo, lo fanno tutti. 

È l’Italia. Ed è così in ogni ambiente lavorativo. E sai qual è il brutto? Non se ne esce così facilmente. Siamo dei poveri disgraziati nati nel periodo storico sbagliato, e questo ci ha condannati a vivere in paese che non sa garantire le basi del vivere serenamente, non sa dare lavoro – e meno male che è un diritto – uno Stato che se ne sbatte della dignità individuale, e per aggiungere danno alla beffa, ci fotte non solo il presente, ma pure il futuro, come uno scippatore che non ha timore d’essere beccato. 

Tutto questo è grave, gravissimo. Poi accendi la tv e senti straparlare d’Italia in ripresa – ma dove? – e di giovani che lavorano, quando in verità su 20 persone che conosco, 19 sono disoccupate, svolgono un lavoro che non è minimamente collegato con gli studi svolti, e se riescono a svolgere una mansione compatibile con la laurea, allora sicuramente sono sottopagati o in stage. Ma che davvero davvero? Ma per quanto dovremmo sottostare a tutto ciò? Il tempo passa, e passa velocemente, la nostra vita scorre, e le opportunità sono praticamente inesistenti. 

Detto questo, cara A., io non posso consigliarti di rimanere ferma lì dove sei. Ovvio, il lavoro è sacro: nel momento si “manifesta”, bisogna tenerselo stretto. Questo però non significa che tu debba rimanere incatenata per il resto della tua vita. L’abbiamo detto prima; la vita è un soffio, accontentarsi, per quanto mi riguarda, è un errore madornale. 

Stai svolgendo una mansione che non ti piace? Questo lavoro ti porta via 12 ore al giorno che per giunta devono essere trascorse all’interno di una catena di montaggio che non riconosce meritocrazia? Ok. Non fermarti! Fallo per te stessa, per quello che ti sei ripromessa di ottenere, per i sogni che hai fatto quando ancora andavi a scuola, all’università, quando dopo una giornata di studio, ti mettevi sotto le coperte, e prima di addormentarti t’immaginavi donna in carriera mentre facevi il lavoro dei tuoi sogni. 

Continua a cercare altro, continua a farlo ogni giorno della tua vita. Spargi voce, invia curriculum, valuta la possibilità di cambiare ambiente, città, e anche quella di reinventarti, partendo pure da zero, creando qualcosa di nuovo, ma di tuo. 

Questo non è un paese per giovani ambiziosi che non hanno raccomandazione, ma io sono anche dell’idea che non bisogna dargliela vinta, che bisogna lottare per quello che si vuole, e non solo per raggiungere i propri obiettivi – che nel corso del tempo, vedrai, forse cambieranno – ma anche per non smettere di credere in se stessi, e soprattutto, per non arrivare a 60 anni con un bagaglio pieno di rimpianti. Io, ad esempio, preferisco di gran lunga i rimorsi.

Forza A., forza!! 

Un abbraccio

La Crinzi

dilloallacrinzi@ilcorrieredellacitta.it

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