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Fratelli Bianchi, un testimone: “Ci insegnavano a uccidere”

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Fratelli Bianchi

Dei fratelli Bianchi, condannati in primo grado all’ergastolo per l’omicidio di Willy Monteiro Duarte di Colleferro, si continua a parlare. Stavolta è un appassionato di arti marziali a rivelare a “La Repubblica” alcuni particolari su Marco e Gabriele Bianchi, conosciuti anche come “i gemelli” per la loro somiglianza.

Le rivelazioni di un testimone

Si tratta di aspetti inediti dei due fratelli che “oltre a praticare MMA, un mix di karate, judo, muay thai, brazilian jiu jitsu, pugilato, lotta libera, kickboxing e grappling, avrebbero infatti anche dato lezioni a Roma e, in una palestra in via Baldo degli Ubaldi, nel quartiere Aurelio, avrebbero insegnato le cosiddette mosse di finalizzazione, quelle con cui viene bloccato l’avversario”.

Nel dettaglio l’appassionato di arti marziali sottolinea come Marco Bianchi, sul ring venisse chiamato “Maldito”. Si trattava di un vero campione di MMA.

La morte di Willy per i colpi subiti

Dalle indagini svolte dagli inquirenti e dall’esito delle perizie è emerso che sarebbero stati proprio i colpi sferrati con la tecnica mista di arti marziali, a uccidere Willy.

Dal canto suo, invece, il fratello Gabriele ha invece sempre negato di praticare MMA e di essersi dedicato in passato, non a livello agonistico, solo al pugilato e alla kickboxing.

Il testimone: “Un allenamento particolarmente violento”

“Ad allenarci – dice il testimone – erano tutti e due e si vedeva che anche Gabriele conosceva bene l’MMA. Nonostante fosse un allenamento erano particolarmente violenti. Con le mosse di finalizzazione un avversario viene bloccato e a quel punto è facile sia rompere all’avversario un arto che ucciderlo”.

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