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I 6 consigli della dottoressa Anna Cantagallo per allenare assertività ed empatia

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La dott.ssa Anna Cantagallo, specialista in neurologia e medicina riabilitativa, ha condotto numerosi studi sul tema dell’intelligenza emotiva.

In particolare, ha elaborato 6 preziose strategie per allenare la nostra empatia e la nostra assertività e ottimizzare al meglio le nostre capacità relazionali.

“Oggigiorno, in un mondo sempre più connesso, riuscire a trovare le parole giuste e i modi migliori per relazionarsi con gli altri è diventata una vera e propria necessità” afferma Anna Cantagallo

“Se pensiamo, ad esempio, alla facilità con cui veniamo a contatto con persone e realtà sempre diverse, comprendiamo come sia essenziale imparare a comunicare al meglio, nel nostro interesse e nel rispetto degli altri”.

Per fare questo abbiamo bisogno di allenare due capacità fondamentali: l’assertività e l’empatia.

Ma cosa si intende con questi due termini e quanto impattano sul nostro modo di relazionarci con gli altri?

Partiamo dalla prima domanda. Cosa si intende con assertività ed empatia?

  • L’assertività è la capacità di esprimere le proprie opinioni ed emozioni in maniera adeguata al contestoe senza “calpestare” i sentimenti degli altri.

 

  • L’empatia è la capacità di “calarsi” nei panni altrui, vivendo in profondità i loro sentimentie stati d’animo.

A ben vedere si tratta quindi di 2 caratteristiche, parallele e complementari, in grado di fare la differenza in tutti i vari contesti relazionali, sia pubblici che privati.

Il valore dell’assertività

Partiamo dall’assertività e pensiamo, ad esempio, al suo valore nell’ambito lavorativo e alla nostra capacità di interagire con i nostri colleghi o i nostri superiori.

Come riporta la dottoressa Anna Cantagallo di BrainCaresviluppare un comportamento assertivo significa collocarsi esattamente a metà strada tra la passività e l’aggressività:

  • Se si è troppo passivi, non si riuscirà mai ad esprimere le proprie esigenze in maniera chiara. 
  • Al contempo se si è eccessivamente aggressivi, si incorre nel rischio di apparire agli occhi degli altri come fastidiosi o prepotenti. 

Come in molte cose, la soluzione sta nel mezzo: sfruttando la nostra assertività, saremo in grado di esprimere le nostre opinioni con vigore, pur rispettando quelle degli altri e avremo maggiori probabilità di raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissati.

Volendo fare un altro esempio, pensiamo a quando siamo in coda e qualcuno ci supera ingiustamente. 

Ci dà fastidio giusto? Beh, non tutti reagiscono alla stessa maniera

Anche qui possiamo dividere le risposte in passiva, aggressiva e assertiva e come per l’esempio precedente la soluzione migliore è quella che riesce a mediare tra un atteggiamento troppo permissivo e uno esageratamente prevaricante.
 
Il valore dell’empatia

Il termine empatia ha origine dal greco (“en”, ‘dentro’ e -“páthos”, ‘sentimento’) ed è sintetizzabile con l’espressione “mettersi nei panni degli altri”.
 
Quante volte abbiamo sentito frasi del tipo: “cerca di capirmi” o “cosa faresti al posto mio”?

Probabilmente migliaia, se non milioni.

A ben vedere possiamo definirci empatici se riusciamo a percepire e comprendere le emozioni di un’altra persona nel modo in cui essa stessa le sente, indipendentemente dal fatto di condividere o meno la sua visione delle cose.

E, come sostiene anche la dottoressa Anna Cantagallosolo allenando la nostra empatia saremo in grado di sviluppare delle relazioni interpersonali veramente sincere e costruttive.

Ad esempio, se ad una persona a noi cara viene a mancare il cane e si sente triste, noi saremo in grado di essere empatici e comprendere la sua tristezza anche se non abbiamo mai avuto un animale a casa.

Questo perché a tutti capita, almeno una volta nella vita, di essere tristi per la perdita di un legame al quale tenevamo e che ci faceva stare bene e quindi possiamo immedesimarci e comprendere il dolore degli altri.

Come la nostra infanzia condiziona il modo di relazionarci con gli altri: le parole di Anna Cantagallo H2
 
La dottoressa Anna Cantagallo, in una recente intervista, ha definito l’empatia come “il riflesso delle relazioni importanti della nostra infanzia”. 

Il che ci porta a riflettere sul valore di un’educazione adeguata nell’età dello sviluppo e della responsabilità che ricade sui genitori e su chi influenza questo nostro iniziale periodo di crescita.

Se, ad esempio, nei primissimi anni viviamo delle relazioni emotivamente povere, senza profondità e prive d’affetto, la probabile conseguenza sarà un appiattimento della nostra capacità di comprendere e interpretare gli stati emotivi delle altre persone.

In poche parole, le relazioni della nostra infanzia influenzano la nostra capacità di empatizzare e di essere assertivi con gli altri

Per questo motivo a nostra volta dovremo fare attenzione al modo in cui ci poniamo con i nostri figli o con i bambini in generale.

Goleman e il concetto di intelligenza emotiva

Le neuroscienze e la psicologia fanno dell’assertività e dell’empatia dei punti cardine, capaci di ispirare ricerche di grandi autori come Giacomo Rizzolati, che con i suoi studi sui neuroni a specchio ha confermato che l’empatia fa parte del nostro corredo genetico, e Daniel Goleman che ha portato alla ribalta il concetto di intelligenza emotiva.

Questo concetto è stato coniato nel 1990 dai professori Peter Salovey e John D. Mayernel loro articolo Emotional Intelligence. Essi definiscono l’intelligenza emotiva come “la capacità di controllare i sentimenti ed emozioni proprie e altrui, distinguere tra di esse e di utilizzare queste informazioni per guidare i propri pensieri e le proprie azioni”

Questa dimensione risponde ad un modo diverso di comprendere l’intelligenza, che va al di là degli aspetti cognitivi, come la memoria o la capacità di comprendere i problemi.

Si parla, innanzitutto, della capacità di rapportarsi in maniera efficace agli altri esseri umani e a se stessi, di connettersi con le proprie emozioni, di gestirle, di auto-motivarsi, di frenare gli impulsi e di vincere la frustrazione.

Le 5 caratteristiche fondamentali dell’intelligenza emotiva

Il concetto di intelligenza emotiva proposto da Goleman nel suo libro Intelligenza emotiva: che cos’è e perché può renderci felici prevede cinque caratteristiche fondamentali:

  • Consapevolezza di sé: la capacità riconoscere le proprie emozioni e utilizzarle in modo positivo e proattivo
  • Dominio di sé: la capacità di utilizzare i propri sentimenti canalizzandoli verso un obiettivo
  • Motivazione: la capacità di scoprire il vero e profondo motivo che spinge all’azione
  • Empatia: la capacità di sentire gli altri entrando in un flusso di contatto
  • Abilità sociale: la capacità di stare insieme agli altri cercando di capire le dinamiche che accadono tra le persone

    L’intelligenza emotiva ci permette quindi di gestire i sentimenti, sia nostri che degli altri, in modo tale daraggiungere i nostri obiettivi attraverso una comunicazione e un modo di relazionarci efficace.

Le 6 strategie della dottoressa Anna Cantagallo per rafforzare assertività ed empatia

Ma come possiamo allenare la nostra intelligenza emotiva e di conseguenza le nostre capacità empatiche e assertive?

La dottoressa Cantagallo ritiene che si possa partire da 6 semplici strategie da applicare nella vita di tutti i giorni:

1) Ascoltiamo bene ciò che ci viene detto e impariamo a “leggere tra le righe”. Cerchiamo, ad esempio, di focalizzare la nostra attenzione più sul contenuto emotivo del messaggio che sul suo significato letterale

2) Seguiamo il discorso e cerchiamo di interpretare il livello di partecipazione emotivadella persona in ciò che sta dicendo

3) Notiamo il modo di parlare e l’atteggiamento dell’altra persona. Questo ci aiuterà a capire maggiormente il valore di ciò che sta comunicando

4) Parliamo solo quando siamo certi che l’intervento che faremo valorizzerà o darà un contributo utile al nostro interlocutore

5) Pesiamo le parole, i gesti e il comportamento non verbale del nostro corpo. Non possiamo mai sapere come gli altri possono interpretare le nostre parole o il nostro linguaggio gestuale. 

6) Infine ricordiamoci di non porci mai in una condizione di superiorità rispetto a chi ci sta parlando e di valutare sempre con il giusto criterio la persona che abbiamo di fronte.

 

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