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I racconti di Nicola Genovese: Il ritorno a Napoli

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Eccoci nuovamente con il nostro appuntamento settimanale con i racconti di Nicola Genovese, autore del romanzo “Il figlio del prete e della zammara”.

Questa volta si tratta di un viaggio nel tempo e attraverso l’oceano. Un bambino che si trasferisce con la mamma in America, ma che lascia una parte del suo cuore a Napoli. Come andrà a finire? Scopritelo subito: buona lettura!

“…E se domani…”

La nostalgia vince su tutto.

Eravamo nei primi anni ’40. Gennaro, ancora piccolo, viveva in povertà nel Rione Sanità.
La mamma, Marì, non aveva un lavoro fisso.
Era una bella donna dai capelli rossi lunghi.
Aveva un banco di vendita della frutta che le aveva lasciato il marito. Era morto di tifo nei primi mesi del 1943, prima dell’arrivo delle truppe alleate.
Gennaro aveva sei anni. Correva scalzo da una parte all’altra della piazza a inseguire i topi che lì erano di casa. Uscivano dalle fogne putrefatte e giravano per tutto il Rione. Nel quartiere le condizioni sanitare erano molto precarie.
Il vicino ospedale era sempre pieno di malati di ogni età, affetti da malattie contagiose.
Nonostante tutto, il quartiere era pieno di vita.
La gente viveva per strada, affacciati ai balconi e alle finestre. Un viavai di persone delle più disparate condizioni. Alzando lo sguardo verso il cielo si vedevano molti panni dai mille colori appesi ai fili.
Attraversavano i palazzi da una parte all’altra della piazza. Sembravano il “Gran Pavese” di una nave in festa. Uno spettacolo unico. Alle prime ore del tramonto si udiva il rumore di carrucole arrugginite.
Erano i fili degli stendibiancheria, che erano tirati per raccogliere i panni asciutti.
Nonostante tutto c’era tanta umanità.
La gente si aiutava a vicenda come poteva e secondo le proprie possibilità.
Nell’Ottobre del ’43 arrivarono gli Americani che erano sbarcati a Salerno. Trovarono una città abbandonata, sporca e piena di immondizia.
Il tifo aveva già iniziato a fare tante vittime. Ogni giorno aumentavano. Tra queste molti bambini. Gli americani ricorsero a una radicale disinfezione usando per la prima volta il DDT.
Piano piano le condizioni di vita migliorarono.
Un giorno John, un ufficiale americano, aveva trovato un bambino che si era rifugiato dentro la sua Jeep ferma su un piazzale poco distante dal Rione Sanità.
Era Gennaro! Una peste! Sempre vispo e allegro. Avevano fatto subito amicizia. Gli aveva dato della cioccolata e lui l’aveva accompagnato dalla mamma, intenta a vendere la frutta.
Fu subito un colpo di fulmine.! Nonostante i suoi capelli rossi, si vedeva che Marì era la tipica bellezza partenopea. Occhi neri, pelle scura, labbra sensuali e sguardo intenso.
John s’intrattenne a lungo a parlare con lei.
Lo colpì la sua allegria e il sorriso contagioso.

Gli raccontò che era vedova e con un figlio che non riusciva a controllare. Troppo vivace e libero.
Lei non poteva corrergli sempre dietro. Aveva il banco cui badare. Era il suo solo sostentamento. Gli unici momenti in cui lo trovava sereno e tranquillo erano quando incontrava Giulia, la sua amichetta del cuore. Aveva la stessa età di suo figlio.
Era biondina e aveva un viso dolcissimo.
Si sedevano per terra vicino a una scalinata.
Forse si confidavano i loro segreti e i progetti futuri.
Dopo che Marì gli ebbe raccontato la sua storia, John le disse che era nato a New York da genitori siciliani immigrati nei primi del ‘900.
Non era sposato. I suoi sognavano per lui una moglie italiana. Nel periodo che gli alleati rimasero a Napoli, si rividero tutti i giorni.
L’amore scoppiò come un fulmine a ciel sereno.
Li travolse come un mare in tempesta.
I giorni che trascorsero insieme furono indimenticabili. Prima di ripartire per l’America le chiese se voleva sposarlo. Lei accettò.
Ben presto completarono tutte le pratiche per l’espatrio.
Gennaro era felice di recarsi negli USA, dove avrebbe potuto costruirsi un avvenire. L’unica cosa che gli dispiaceva era di lasciare Giulia e quella Piazza dove erano cresciuti.

Il matrimonio tra Marì e John avvenne per procura. Dopo qualche mese, presero il bastimento dal porto di Napoli e dopo molti giorni di navigazione giunsero a New York.
John era al porto ad aspettarli.
L’incontro fu commovente e pieno di gioia.
Li accompagnò nella sua Little Italy, dove viveva con gli anziani genitori. La casa si sviluppava su due piani. Al primo vivevano loro e al secondo il figlio.
L’aveva fatta ristrutturare ricavandone un salone, una cucina ampia, due stanze da letto e due bagni. Mamma e figlio furono felicissimi della sistemazione. Il giorno dopo John accompagnò Gennaro in una scuola italo-americana.
Era intelligente e ben presto s’integrò nella nuova realtà. Vinse una borsa di studio e s’iscrisse all’università nella Facoltà di Medicina.
Vivo era rimasto in lui il ricordo di Napoli.
Pensava alla sua piazza, a Giulia e ai tanti amichetti che erano morti, vittime dell’epidemia di tifo. Avrebbe voluto fare qualcosa, ma era piccolo. In quel momento si era ripromesso che da grande avrebbe fatto il medico per aiutare il suo prossimo.
Nei primi tempi scriveva spesso a Giulia, ma poi pian piano smise. La lontananza e i nuovi impegni lo avevano totalmente assorbito.
Conservava l’unica foto che avevano fatto insieme.

Gli piaceva molto la musica. Comprava sempre gli ultimi successi italiani.
Nel 1964 era uscito un bellissimo disco di Mina: ”E se domani…”

Se ne innamorò subito. Quasi tutti i giorni lo ascoltava e pensava alla sua amichetta Giulia.
Dopo un anno si sarebbe laureato e la mamma gli aveva promesso che gli avrebbe regalato il viaggio per andare a Napoli.
Lui era felicissimo. Cercò attraverso il Parroco della Chiesa di S. Maria Vergine di avere il nuovo indirizzo di Giulia. Quando lo ebbe, le scrisse una bella lettera nella quale le diceva: ”Non ti ho mai dimenticata e ti desidero tanto. Presto ci rivedremo”.
Ogni sera prima di andare a dormire ascoltava il disco di Mina. Pensava sempre a Giulia, ma ignorava le note: ”….se non potessi rivedere te…!!!”

Nicola Genovese

Il romanzo di Nicola Genovese “Il figlio del prete e la zammara” è reperibile su Ibs libri, oppure richiedendolo direttamente all’editore Aulino Tel.3284793977 oppure via e-mail:info@Aulinoeditore.it

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