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La storia. Vivere di fianco al campo rom di Castel Romano: ecco cosa succede davvero

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Vivere di fianco a un campo rom. E non uno qualsiasi, ma il più grande del Lazio, forse d’Italia. Quello che da temporaneo è diventato fisso, che da dover ospitare 400 persone ne ha fatte entrare 1200, allargandosi su terreni le cui proprietà sono riconducibili a persone – parliamo di Salvatore Buzzi – legate all’inchiesta “Mafia Capitale”. Adesso che se ne sono occupate “Le iene” lo conoscono tutti, anche la sindaca Raggi. Ma il “Villaggio della Serenità”, questo il roboante nome dato al campo rom di via Pontina è lì da 3 lustri, e da anni se parla – di certo non bene – raccontando dei furti, delle sassaiole, degli incendi, delle tonnellate di rifiuti accumulate tutte intorno, delle carcasse di auto date alle fiamme. Chi lo conosce meglio di tutti è Luigi Fazio, ex poliziotto, “vicino di casa” dei rom, ovviamente non per scelta, visto che è venuto a vivere qui due anni prima, quando l’area era ancora incontaminata in tutti i sensi. Ed è lui che ci racconta il “dietro le quinte”, quello che accade veramente quando nessuno (o quasi) guarda. 

Prosegue la nostra inchiesta sul campo rom di Castel Romano

Ma partiamo dalla fine, da uno degli ultimi episodi che hanno costellato gli ultimi 15 anni della vita di quest’uomo e della sua famiglia. Lui, una figlia che adesso ha 16 anni, una compagna morta a 56 anni di tumore a marzo dello scorso anno, in soli due mesi, dopo aver respirato i fumi tossici degli incendi provocati dai rom in tutti questi anni. E’ la quarta persona che muore nel giro di poco tempo – e parliamo di un gruppo ristretto di circa 35/40 persone – tra le famiglie che vivono accanto al campo rom. Una percentuale altissima: in pratica il 10% di chi vive lì si è ammalato di cancro ed è morto. Una coincidenza? O i continui avvelenamenti dell’aria e delle falde acquifere hanno contribuito a rovinare la salute di questa gente?

Ma non solo: ecco proprio l’ultimo episodio che ha fatto saltare i nervi a Luigi. E partiamo proprio con l’ultimo video girato, in cui “Rambo” – così è soprannominato l’ex poliziotto – racconta l’accaduto: sua figlia è a passeggio con i cani, due giovani rom appena scesi dal bus Cotral la vedono e iniziano a masturbarsi. Luigi, che stava seguendo la figlia con la telecamera per stare più tranquillo, riprende la scena. Vi mostriamo le foto con alcune sequenze, oltre a farvi sentire le parole di Luigi.

Ma non succede solo questo. Di notte ci si sveglia di soprassalto, allertati dal crepitare del fuoco. Oppure intossicati dal fumo. Fino a quando non sono stati messi i New Jersey, l’8 luglio, tutti i giorni venivano furgoni a scaricare rifiuti di ogni genere, da frigoriferi a materassi. Altro che svuota-cantine, sembrava che stessero svuotando interi mobilifici. Ma La storia di questo campo, dal suo inizio, la spiega le parole di Luigi. Abbiamo suddiviso il video in due parti. Ecco la prima.

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Ci sono quindi esposti a cui non è mai stata data risposta. Perché? E ci sono analisi dell’aria e del terreno di cui non si sa quali siano i risultati. Come mai? Cosa c’è dietro? C’è qualcuno o qualcosa che si vuole nascondere? Come mai prima tutti in silenzio, mentre adesso si fa a gara a voler apparire, litigando quasi tra Comune e Regione sui provvedimenti da prendere per smantellare il campo rom? Dove erano le istituzioni fino a dieci giorni fa? Che fine hanno fatto tutte le segnalazioni dei cittadini, dei comitati di quartiere, dei pochi politici che – anche in maniera strumentale – hanno nel tempo fatto presente quanto accadeva nel campo rom? Perché nessuno ricorda più delle vite che sono state messe in pericolo quando venivano tirati i sassi contro le automobili o quando venivano posizionati i massi sulla strada, proprio davanti al “Villaggio della Serenità”? Perché nessuno per anni ha mai fatto niente e adesso, in odore di elezioni, ci si mette la fascia e si vogliono i meriti di qualcosa che nemmeno è stato fatto? Già, perché il problema – ricordiamolo – non è stato risolto. Dove andranno queste persone? Già Veltroni aveva pensato bene di relegarle a 20 chilometri da Roma, il più lontano possibile dalla Capitale, molto più vicino a Pomezia che al Campidoglio. E non è che adesso la Raggi sta pensando di “affibbiare” al collega 5Stelle pometino il problema, chiedendogli una mano per trovare una sistemazione – magari in palazzine private rimaste invendute a causa della crisi – per i rom che devono andare via? Certo, si tratta solo di un’ipotesi per il momento remota, ma visto quello che è successo in passato, dai sindaci di Roma ci si aspetta di tutto.

(SEGUE)

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