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Le mance? Sono un reddito e vanno tassate, ecco cosa ha stabilito la Cassazione

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Quante volte abbiamo lasciato la mancia al ristorante o dal parrucchiere, perché il servizio di cui abbiamo usufruito ci ha soddisfatto? Finora tutti noi abbiamo pensato che quelli fossero soldi “non tracciati”, una regalia data al dipendente per esprimere la nostra gratitudine, ma dello stesso parere non è l’Agenzia delle Entrate, che ha pensato che il movimento di tutto questo denaro debba invece essere documentato e – ovviamente – tassato.

E quindi ecco i controlli sui redditi, che hanno portato a un contenzioso che, in questi giorni, si è concluso con un’ordinanza della Sezione Tributaria della Cassazione, i cui giudici hanno dato ragione all’Agenzia delle entrale riguardo un ricorso fatto contro un lavoratore di una struttura ricettiva della Sardegna, il quale aveva ricevuto un avviso per un reddito da lavoro dipendente non dichiarato pari a 83.650 euro, tutti percepiti attraverso le mance.

La Cassazione: le mance hanno tassate, rientrano nel reddito

I giudici, richiamando una precedente pronuncia del 2006, hanno stabilito che: “In tema di reddito da lavoro dipendente le erogazioni liberali percepite dal lavoratore dipendente in relazione alla propria attività lavorativa, tra cui le cosiddette mance, rientrano nell’ambito della nozione onnicomprensiva di reddito fissata dall’articolo 51, primo comma, del dpr 917/1986 e sono pertanto soggette a tassazione”.

La storia ha inizio qualche anno fa: il lavoratore riceve dall’Agenzia delle Entrate un avviso riguardante l’anno 2007, per un reddito da lavoro dipendente non dichiarato pari a 83.650 euro corrispondenti a mance. L’uomo si rivolge alla commissione tributaria della sua Regione, che gli dà regione: secondo la commissione tributaria, trattandosi di somme “percepite direttamente dai clienti senza alcuna relazione con il datore di lavoro”, la cifra non avrebbe dovuto essere tassata. Ma L’Agenzia delle Entrate non ci sta, a vedersi sfuggire una così grossa cifra, e fa ricorso in Cassazione. 

Qui i Giudici sono favorevoli alla teoria dell’Agenzia delle Entrate, sostenendo che “l’onnicomprensività del concetto di reddito da lavoro dipendente giustifica la totale imponibilità di tutto ciò che il dipendente riceve, anche, quindi, come nel caso in esame, non direttamente dal datore di lavoro, ma sulla cui percezione il dipendente può fare, per sua comune esperienza, ragionevole, se non certo, affidamento”. Il verdetto precedente viene quindi annullato. Ma la storia non è ancora conclusa: adesso il caso dovrà tornare in commissione tributaria e, a fronte di quanto stabilito dalla Cassazione, riesaminarlo per riemettere una nuova decisione.

 

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