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Neonato morto nella nave da crociera, il gip: “E’ abbandono di minore”

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La nave Silver Whisper

La Procura di Grosseto ricostruisce l’ipotesi attorno alla morte del bimbo nella nave da crociera: venne abbandonato e morì di stenti.

Procura di Grosseto
La Procura di Grosseto ricostruisce l’ipotesi attorno alla morte del neonato in nave (credits @www.procura.grosseto.it) – Ilcorrieredellacitta.com

Proseguono le indagini sulla morte del neonato a bordo della nave Silver Whisper. Il caso è stato preso dalla Procura di Grosseto, che ha escluso l’omicidio alla base della morte del piccolo. L’inserviente Chan Jheansel Pia Salahid, originaria delle Filippine, nascose la gravidanza e il bambino per non perdere il lavoro: bimbo che morì di stenti proprio durante i turni sul mezzo da crociera della madre. 

Ricostruita la dinamica attorno alla morte del neonato nella nave da crociera

All’interno della vicenda, si nasconde la necessità di lavoro da parte di una donna. Chan Jheansel Pia Salahid fu assunta, come spiega Rai News, sulla nave da crociera con compiti legati al mantenimento del decoro nelle aree e nelle stanze del mezzo nautico. Durante il periodo di lavoro, la donna partorì in segreto per non perdere il lavoro. Tale vicenda era conosciuta solo da altre due donne addette alle pulizie, due cameriere africane di 25 e 29 anni. 

L’aiuto delle due donne nel parto

Secondo l’ipotesi vagliata dal gip, le due lavoratrici aiutarono Chan Jheansel Pia Salahid a partorire e poi a rimuovere il cordone ombelicale. Un segreto che sarebbe rimasto tra i muri della stanza dove alloggiava la neomamma, che condivideva la piccola camera proprio con le altre due donne. Sempre queste due ragazze avrebbero provato ad accudire il bambino, di nome Tyler, mentre la mamma era chiamata dal lavoro: lo dovevano accudire e soprattutto nascondere dagli occhi dei clienti o di altri lavoratori della nave. 

Il nascondiglio del bambino 

Sempre facendo affidamento alla scena ipotizzata dal gip attorno alla morte del neonato, Tyler veniva nascosto all’interno di un armadio. Forse proprio qui ha perso la vita, per mancanze di cure adeguate e probabilmente circolazione dell’aria: il bimbo veniva riposto dentro il mobile e con le ante socchiuse, spesso anche per molteplici ore consecutive. Una pista che troverebbe un apparente riscontro nelle parole della mamma, che comunque continua a difendersi di come non volesse uccidere il bambino. Nonostante ciò, il giudice ha deciso di mantenerla in arresto in carcere. Rimesse in libertà, invece, le due donne africane e probabilmente complici della madre: per loro si valuterà la posizione in sede di processo. 

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