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Omicidio Maddalena Urbani, lo spacciatore torna libero e diminuisce la pena

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Ridefinite presso la corte d'Assise d'Appello di Roma le condanne per l'amica di Maddalena e il cittadino siriano. "Si poteva salvare".

Il processo di secondo grado per la morte di Maddalena Urbani, è pronto a far discutere le persone. Il pusher che gli vendette le sostanze, infatti, ha visto il ritorno in libertà e la diminuzione della pena. Pazienza se i giudici hanno riconosciuto, nell’imputato, la responsabilità di aver venduto le sostanze stupefacenti che hanno portato alla morte della ragazza per overdose.

Ridotta la pena al pusher di Maddalena Urbani

Nel processo di Appello, è stata drasticamente ridotta la pena di A.R. Infatti, l’uomo che era stato condannato in primo grado a 14 anni di carcere, oggi vede una drastica riduzione della condanna: dovrà infatti scontare solo 4 anni e 6 mesi, in uno stato peraltro dov’è stato rimesso in libertà. Tutto ciò nonostante la giovane Maddalena, all’epoca appena ventenne, morì nella giornata del 27 marzo 2021 per un’overdose causata dalle sostanze stupefacenti vendute dal pusher siriano. 

La riduzione della condanna al pusher

Nonostante gli fosse stato contestato l’omicidio colposo, A.R. è tornato tranquillamente a girare per la città come un cittadino libero. Dopo la causa shock sul “bidello assolto dopo la molestia alla studentessa minorenne”, anche questa sentenza è pronta a far discutere il mondo del web, in una decisione del Tribunale dove troviamo tutti difficoltà a capirne la logica. 

Da 14 anni a quasi 5 anni di condanni

La sentenza in appello, a conti fatti, risparmia ben 9 anni di carcere al pusher che vendette le sostanze a Maddalena Urbani. A rendere la sentenza più ambigua, poi, il ritorno in libertà dello stesso spacciatore, che in tale stato potrebbe tornare a svolgere il mestiere legato allo spaccio di sostanze stupefacenti. 

Pugno duro contro l’amica di Maddalena Urbani

Il pugno più duro, in questa vicenda, i giudici lo hanno tenuto verso K.E.L. La ragazza era amica di Maddalena Urbani, con i giudici che l’hanno condannata a tre anni con l’accusa di omicidio colposo. Secondo la sentenza, sarebbe stata lei a mettere in contatto Maddalena con il pusher e successivamente a non chiamare i soccorsi mentre la giovane stava male per gli effetti dell’overdose. 

La famiglia si costituisce parte civile

All’interno del processo per la morte di Maddalena Urbani, la famiglia della vittima si è costituita parte civile. A seguire la vicenda, infatti, sono stati la madre e il fratello di Maddalena. Come ha ribadito l’avvocato Giorgio Beni a Repubblica: “Anche il processo di secondo grado ha stabilito che Maddalena poteva essere salvata se soccorsa tempestivamente. Ha avuto una drammatica agonia durata circa 15 ore ma nessuno ha chiamato il 118”. 

 

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