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Pomezia, A VOCE ALTA: arriva la 1° festa della letteratura

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I luoghi periferici sono per definizione distanti da ogni centro pulsante. A loro arriva l’eco di un fermento che nasce e si sviluppa lontano; sono i margini, un posto per dormire dopo aver lavorato e vissuto altrove, magari in quella tentacolare città eterna, così vicina, così piena di vita, storia, arte: Roma con i suoi salotti letterari, le librerie a più piani con migliaia di titoli, i luoghi di cultura, tradizionali o alternativi. Uscire da quei salotti rappresenta indubbiamente un atto di coraggio, la scelta di sostenere la propria voce anche fuori dal coro in cui abitualmente la si ascolta risuonare. Significa decidere di essere parte di una rivoluzione che è ormai già in atto in altri ambiti e che nasce dalla consapevolezza che un centro, in una realtà contemporanea priva di dicotomie, ormai non esiste più (Marc Augè).

 

Questi i presupposti con cui nasce A VOCE ALTA, la rassegna dedicata a chi ha il coraggio di tornare nelle piazze a raccontarsi e confrontarsi, a scommettere sulla qualità delle relazioni umane, sulla cultura che si costruisce insieme attraverso un costante lavoro di ascolto e dialogo. Due giorni di dibattiti che rappresentano una sfida volta a riconfigurare Pomezia come spazio significativo per il cittadino, dove costruire nuove memorie collettive e nuovi valori culturali, nella convinzione che Pomezia non sia solo la sorella minore di Roma, polo industriale laziale o importante snodo viario.

A VOCE ALTA sostiene l’idea che parlare di libri e letteratura in piazza sia non solo ancora possibile, ma anche qualcosa di necessario, perché ci ricorda la bellezza, la responsabilità di riconoscerla e difenderla in quanto arma contro l’abitudine e la rassegnazione. A VOCE ALTA vuole coinvolgere anche chi farà parte degli anni che verranno, bambine e bambini, donne e uomini di domani. La rassegna propone quindi laboratori per bambini che hanno come filo conduttore il coraggio di scegliere, la libertà di poter dare una direzione ai propri passi senza provare paura per il futuro. Renzo Piano, non a caso, parlava delle periferie come “fabbrica di idee, città del futuro”, perché qui, dove sembra che la terra sia bruciata, il terreno è fertile, gli animi sono in fermento e nuove strade si aprono verso nuovi orizzonti.

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