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Riciclo di denaro sporco a Roma, sequestrato un ristorante della ‘Ndrangheta a Ponte Milvio

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Dal 2012 gestivano un trattoria nel cuore di Ponte Milvio, con i titolari che facevano riferimento alle cosche della ‘Ndrangheta presenti su Roma. Riciclo di soldi, ma anche l’obiettivo di provare a essere “insospettabili” nonostante il locale all’interno di uno dei spazi cittadini più frequentati dalla movida romana. È stato così sequestrato in queste ore il ristorante di D.G. , in un momento dove peraltro dove la stessa attività viveva un momento di forte crisi commerciale.

La trattoria sequestrata a Ponte Milvio

Basta andare a vedere come i problemi del locale non dipendessero solamente dai collegamenti a famiglie malavitose, ma anche a una gestione non proprio ortodossa della stessa attività di ristorazione. Andando su Google o TripAdvisor, sono centinaia le recensioni che menzionano un calo della qualità dall’entrata in campo di D.G. , con prodotti che addirittura vengono pubblicizzati sui social ma poi non sono neanche presenti nella carta del menù. Un utente scrive così: “Venuti qui perché una certezza nel quartiere ma purtroppo il cambio di gestione si percepisce eccome… Nonostante non sia stato pieno abbiamo aspettato circa un ora per due pizze!”. 

I soldi della droga e gli arresti

Nell’elenco delle attività controllate dalla ‘Ndrangheta, secondo la Procura, anche il famoso ristorante di Ponte Milvio. I soldi per finanziarlo, secondo le indagini, provenivano da un mercato di sostanze stupefacenti tra Gioia Tauro e il Sud America. Dal comando provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria, fanno intendere come la storia del locale sia parte integrante della famosa operazione “Eureka”, che ha messo le manette a 108 persone. Tante le famiglie inseriti nei tasselli di questa fitta rete malavitosa, comprese quei nomi che si resero protagonisti della strage di Duisburg. Il proprietario del ristorante, D.G. , risultava il vero e proprio protagonista di questo sistema, considerato come in società con il figlio era arrivato a gestire ulteriori ristoranti anche fuori dall’Italia: secondo le indagini, nove solo in Portogallo. 

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