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Roma. «T’o faccio magnà er fojettino», così minacciavano i loro ‘clienti’: arrestate madre e figlie usuraie

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vigili in Procura senza auto

Avevano messo in piedi un vero e proprio giro di usura ben articolato, con prestiti che superavano il 100% di interesse annuo. Ma gli agenti del III Gruppo “Nomentano” della Polizia Locale Roma Capitale, diretti dal Dirigente Maurizio Sozi, unitamente al personale della Squadra Investigativa del III Distretto di P.S. Fidene — Serpentara, guidati dal Dirigente Fabio Germani, hanno svolto un’articolata e complessa attività d’indagine di polizia giudiziaria denominata “Operazione Marylin”, coordinata dal Pool Reati Gravi contro il Patrimonio, diretto dal Procuratore Aggiunto dr.ssa Lucia LOTTI che ha permesso l’arresto di due donne operanti nella capitale, che si avvalevano di una struttura organizzata allo scopo di concedere i prestiti usurari. L’indagine aveva inizio nel mese di maggio 2018 e terminava a fine anno.

Il meccanismo scoperto grazie alle intercettazioni

Nell’ambito del suddetto procedimento, le operazioni di intercettazione ambientale e telefonica avviate sulle utenze, i luoghi e le pertinenze riconducibili alle indagate hanno permesso di seguire “in diretta” la vicenda usuraria perpetrata dalle indagate, con modalità particolarmente odiose, in danno di 5 soggetti con prestiti da un massimo di 3.000 euro ad un minimo di 500, con un tasso usurario fino ad un massimo di 104,28% annuo.
Nel corso dell’attività investigativa veniva accertato che le due indagate, madre e figlia, si suddividevano i compiti e si avvalevano di una grande varietà di mezzi, negozio di parrucchiere e carte postepay per il pagamento delle somme dovute dagli usurati, nonché cellulari per mantenere i contatti con gli stessi, erogando, in modo professionale e con abitualità, prestiti in contanti.

“T’o faccio magnà er fojettino”

Dalle intercettazioni emergeva, in diverse occasioni, come le due donne tenevano la contabilità dei prestiti usurari e dei pagamenti effettuati dai soggetti usurati, in particolare era la figlia a detenere il quaderno sul quale provvedeva a trascrivere periodicamente i soldi ricevuti in pagamento. In una intercettazione la figlia chiedeva spiegazioni in merito alla poca visibilità della scrittura sul quaderno: “è tutto scolorito, ma perché?” e la madre gli rispondeva: “perché ho cancellato uno e ho messo quella.. ahaa.. quella nuova no? J’ho messo quella nuova” , riferendosi al fatto che la persona aveva terminato di pagare le rate del prestito precedente e che ne aveva iniziato un altro.
Nel corso dell’attività, inoltre, emergeva come le indagate non esitavano anche a minacciare gli usurati che, trovandosi in una situazione di difficoltà economica, tardavano nei pagamenti delle rate del prestito usurario. Sintomatica una frase pronunciata da una delle indagate nei confronti di una delle persone usurate: Non me ne fai un’altra! Non c’e qua! Non c’e qua! Non c’è! Non c’è! Adesso sto a torna’ da’a postal Sei un buciardooo!! No me ne fai un’altra! lo t’o faccio magnà er fojettino questo oh! lo t’o faccio magnà, eh! Io t’o faccio magnà, eh! Io to faccio magnà, eh! Vengo giù t’o faccio magnà, eh!“.

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