Ci sono momenti nella vita in cui tutto ciò che abbiamo attorno sembra cambiare improvvisamente. E’ come se un terremoto aprisse una voragine. Gli interrogativi prendono il sopravvento e si mette tutto in discussione, ci ritroviamo sballottati tra i sogni e la realtà, tra il volere e il dovere, tra il cuore e la testa, tra il dolce del cioccolato e l’amaro dell’arancia.
In situazioni come queste, regalarsi una pausa prendendo un gelato che rinfreschi corpo e mente è quello che ci vuole. Il problema è solo uno: scegliere i gusti e fare l’abbinamento perfetto. E’ meglio cioccolato normale o provare quello all’arancia? Per poi abbinarlo con menta o stracciatella? E se poi l’abbinamento non mi piace? E se volessi provare tutti i gusti? Questi e molti altri sono i dubbi che tartassano la protagonista di “Cioccolato all’arancia”, una ragazza ossessionata dall’ansia di prendere la scelta giusta. Per il gelato e per la vita.
Perché a volte, per riconoscere quel che ci piace davvero dobbiamo avere il coraggio di perderci e anche, forse, di assaggiare quel che non ci piace…
Note di regia
Un famoso filosofo scriveva che quel che si muove, quel che acquista impulso e attività, lo fa perché contiene in sé una contraddizione. Ogni cosa contiene il suo opposto e se così non
fosse tutto sarebbe fermo, non ci sarebbe vita. Cioccolato all’Arancia esprime a pieno questo continuo movimento dialettico, nello spazio e nel tempo di uno spaccato quotidiano:
una ragazza vive una lunga, interminabile, giornata con tutte le contraddizioni in lei e fuori di lei. Lei è un vulcano di cose da dire e ne viene fuori un vero e proprio flusso di coscienza che incontra interlocutori diversi, ma in fin dei conti rimane un dialogo interiore. Il mare di parole della protagonista veicola, plasma e definisce il suo pensare e se è vero che il pensiero è materia, la scena non può che riflettere un mondo che è somma del pensato e del percepito, del dolce del cioccolato e l’amaro dell’arancia.