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Strage di Fidene, interrogato il killer: “Ho visto i banditi e ho sparato”

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Triplice omicidio Roma

Voleva colpire “un’istituzione” Claudio Campiti, non le singole persone. L’11 dicembre 2022, però, l’ex assicuratore 58enne ha aperto di fatto il fuoco su 4 persone a Fidene, a Nord-est di Roma, le stesse su cui è chiamato ora a rispondere per omicidio volontario, senza contare le lesioni personali arrecate ai sopravvissuti della strage provocata nel bar “Il posto giusto”.

Durante l’interrogatorio del pm, Giovanni Musarò, Campiti si è limitato a rispondere che non conosceva le persone a cui ha sparato, ma sapeva che intorno a quel tavolo, nel bar di via Monti Giberto, c’erano “banditi”. Così ha apostrofato gli abitanti del Consorzio Valleverde, su cui ha sfogato tutto il suo accanimento, tanto da averlo portato in quel dicembre a compiere una carneficina. D’altronde sulle intenzioni Campiti non ha mai fatto mistero. Quando è entrato nel bar, mentre era in corso la riunione di condominio, ha tenuto a dire: “Vi ammazzo a tutti”, lo ricordano bene i sopravvissuti.

Il contenzioso col consorzio Valleverde

A luglio 2023 la Procura di Roma ha chiuso le indagini a carico di Campiti, accusato di aver ucciso 4 donne e traumatizzato anche i presenti, scampati per puro miracolo alla mattanza grazie all’intervento di un altro iscritto al Consorzio, che ha fermato la sparatoria.

Secondo gli atti della Procura, l’11 dicembre Campiti si era recato alla riunione del consiglio di amministrazione del Consorzio Valleverde deciso ad aprire il fuoco sugli abitanti della tenuta, incontratisi quel giorno per una riunione con gli abitanti. Le motivazioni alla base della sparatoria, secondo i pm che hanno seguito il caso, dipendono da un contenzioso che Campiti aveva con i consorziati. Le situazioni pregresse hanno poi creato “ragioni di rancore più volte palesate in passato nei confronti dei membri del Consorzio e dei componenti del relativo Consiglio di Amministrazione’’.

L’uomo, rinviato ora a giudizio, dovrà rispondere perciò della morte delle 4 iscritte al consorzio Nicoletta Golisano, Elisabetta Silenzi, Sabina Sperandio e Fabiana De Angelis, con l’accusa di l’omicidio aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi.

La premeditazione

Dalle risposte che Campiti ha fornito durante un interrogatorio di circa 50 minuti, è emersa tutta la volontà di andare incontro alla sua scelta. Il 58enne aveva pensato addirittura a quale potesse essere la struttura penitenziaria più congeniale dove poter scontare la pena, come racconta anche il Corriere della sera. “In quello di Trastevere si sta bene. Da casa ho levato tutte le cose più importanti della mia vita. Per portarle con me? No, perché tutto sarebbe stato vandalizzato”, ha spiegato ai pm.

Nessun segno di pentimento per la sparatoria, anzi, Campiti ha lasciato intendere che con i sopravvissuti ci fosse un conto aperto, da saldare con “bombe a mano” a cui prestare attenzione, nel caso in cui se li fosse trovati di nuovo sulla propria strada. Sulle motivazioni che lo hanno portato invece a tanta violenza, Campiti ha voluto soprassedere alla presenza dei giudici. Ai pm ha risposto che “quello che è successo è sufficientemente tragico” e che i giudici ne sanno quanto lui, senza bisogno di rivangare il passato.

L’arma sottratta al poligono di Tor di Quinto

Campiti, preso dalla furia omicida, quel giorno avrebbe fatto fuoco tramite una Glock modello 41, calibro 45. L’arma, detenuta illegalmente, era stata sequestrata al poligono di tiro di Tor di Quinto, a Roma. Campiti è accusato perciò di appropriazione e porto abusivo di armi.

Sono tutte imputazioni di cui dovrà rispondere giovedì 12 ottobre, quando si svolgerà l’udienza preliminare. Campiti è accusato di strage e dovrà trattarne davanti ai giudizi, seguito dal legale Francesco Bianchi, ma soprattutto davanti ai famigliari delle vittime e dei sopravvissuti..

Ben 22 le parti civili, rappresentate tra gli altri dagli avvocati Fabrizio Gallo, Massimo Duca e Urbano Del Balzo. Accanto a Campiti siederanno Bruno Ardovini, direttore del Tiro a segno nazionale, e Giovanni Maturo, responsabile dell’armeria del poligono di Tor di Quinto, che non risultano indagati per responsabilità inerenti al poligono di tiro dove Campiti ha sottratto l’arma della strage.

Strage di Fidene: Claudio Campiti dovrà rispondere di 4 omicidi volontari

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