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Da Torvaianica a Los Angeles: la storia di Daniele che oggi fa il compositore per Hollywood

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Daniele Truocchio in studio

Diecimila e duecento chilometri: è la distanza tra Torvaianica e Los Angeles. Tanta strada, come quella che ha fatto Daniele Truocchio, 28enne che, dalla piccola Torvaianica Alta (ci tiene a precisarlo) è arrivato nella grande America, coronando un sogno che neanche sapeva di avere, quello di diventare un grande musicista e compositore hollywoodiano.

Ma che effetto fa?

“Un effetto sicuramente speciale. Malgrado la mia giovane età ho fatto un percorso lungo e non semplice. Certo, ‘svegliarsi’ a Los Angeles, città dell’industria cinematografica, dove tutto è diverso anche rispetto a Boston, dove stavo in precedenza, è sicuramente stato strano e particolare, all’inizio”.

La passione per la musica

Daniele mostra la sua passione per la musica sin da bambino. Del resto cresce in una famiglia in cui la musica è di casa: il papà Luigi, vicebrigadiere dei carabinieri a Pomezia, suona la chitarra, mentre suo fratello maggiore Emanuele prende lezioni di pianoforte.

Ed è proprio vedendo le lezioni del fratello che Daniele, affascinato, a soli 6 anni, prende la chitarra del padre, una vecchia Eko e, seduto accanto al maestro di Emanuele, inizia a seguire il ritmo.

«Dopo numerose interruzioni, i miei genitori hanno cercato un insegnante di chitarra per me. Poi, a 8 anni, ho iniziato a studiare seriamente chitarra classica. Da quel momento in poi ho sempre messo la musica al primo posto». Anche Emanuele continua a studiare pianoforte e due anni dopo, coinvolgendo anche il fratello minore Antonio, di soli 5 anni, che suonava prima i bonghi, poi la batteria. «Il mio vicino di casa era un presentatore alle feste nelle piazze e un giorno ci disse: “Dato che voi suonate, perché non vi esibite ai miei eventi? Il nome al gruppo ve lo do io, Pipoka” Abbiamo accettato e così abbiamo iniziato a esibirci non solo a Torvaianica e Pomezia, ma in tutta Italia. Era diventato un impegno giornaliero, tra prove, organizzazione e serate. La nostra era pura passione. Solo che io ho continuato, i miei fratelli no. Uno dei due ha preso le orme di mio padre e adesso fa il carabiniere in Umbria. Magari se non avessi fatto il musicista, adesso farei parte dell’Arma anche io, il pensiero da piccolo c’era».

E invece il richiamo della musica era troppo forte, tanto da non sentire il peso dei sacrifici.

«Ho continuato a prendere lezioni private con vari insegnanti, poi sono andato al Conservatorio di Latina per studiare chitarra classica e composizione classica. Ho lasciato solo perché avevo vinto la borsa di studio per il Berklee College of Music».

Daniele Truocchio Conducting Orchestra in Rome 2019

Come nel film “karate kid”

Qual è stato l’insegnante che più ti ha lasciato il segno a livello emotivo, formativo e caratteriale?

«Tutti gli insegnanti che ho avuto sono stati fondamentali. Ma quello che maggiormente mi ha sbloccato non era un insegnante tradizionale, bensì un mio mentore». Daniele parla del chitarrista senegalese Peace Diouf, conosciuto a Torvaianica. «L’America non era proprio nei miei pensieri. Ovviamente ero amante del jazz e del blues, quindi al massimo poteva esserci il sogno latente di suonare in jazz club».

Per prendere lezioni da Peace Diouf, Daniele raccolse una sfida.

«Lo andavo ad ascoltare a tutti i concerti che teneva a Torvaianica. Alla fine lui mi disse: “Visto che sei così appassionato, vieni a casa mia per una lezione alle 6 di mattina. Ma era sicuro che non sarei andato. E invece io alle 5:55 del giorno dopo ero lì, a Campo Leone, nonostante la levataccia, perché arrivare a casa sua non era comodo per me che avevo solo 17 anni. Da quel giorno il nostro rapporto è cresciuto, quasi a livello di fratellanza. Andavo da lui una volta a settimana e restavo tutto il giorno. Mi ha messo in riga, mi ha dato una formazione incredibile. Ed è quello che mi serviva, perché avevo fatto tante lezioni private, il conservatorio, la band, ma mi mancava qualcuno che mi desse l’imprinting giusto. Era come un sogno, per me lui è un genio della chitarra e del basso e non capivo perché avesse scelto proprio me, visto che non aveva studenti e non era un insegnante tradizionale».

E il maestro era davvero severo. Gli diceva “Adesso fai questo per 30 minuti, se ti fermi, ricominci da capo”.

«Mi sembrava di vivere nel film Karate Kid, quindi ho messo tutto me stesso in quegli incontri. Grazie ai suoi insegnamenti ho imparato tantissimo. Ed è stato lui che, quando sono andato al festival Umbria Jazz, mi ha detto guardandomi negli occhi: “Lì ci sono gli insegnanti del Berklee College Music all’Umbria Jazz. Vacci, perché tu vincerai la borsa di studio”. Mi ha aperto la mente, dandomi una spinta. È stato fondamentale per il mio percorso. Certamente anche gli altri insegnanti lo sono stati, ma lui mi è rimasto nel cuore e a ogni occasione mi viene in mente di pensare “ah, questo Peace me lo aveva detto”».

La borsa di studio

Daniele va quindi all’Umbria Jazz e vince davvero la borsa di studio. Ma è una bella notizia solo a metà. Andare in America, infatti, ha costi esorbitanti e la borsa copre solo i costi del college. Mancano i soldi per il viaggio, per l’affitto, per le spese varie. Daniele non può e non vuole pesare sulla famiglia, che anche se lo sostiene a livello emotivo, non naviga di certo nell’oro. «Prima di partire per gli Stati Uniti ho vinto un’altra borsa di studio per Parigi. Nel frattempo, visto che non avevo abbastanza soldi per partire e soggiornare in America, ho lanciato una raccolta fondi sui social, spiegando il mio progetto.

Hanno partecipato in molti, ma ancora non era sufficiente, i soldi bastavano solo per il biglietto aereo. Allora, mentre insegnavo chitarra ai bambini delle scuole elementari per racimolare qualcosa, ho cercato disperatamente sul web, attraverso i gruppi di scout a cui ero iscritto, qualcuno che potesse ospitarmi almeno all’inizio. Andare mi sembrava davvero difficile: forse era anche per questo che non avevo mai sognato l’America, i costi che comportava erano troppo al di fuori della portata della nostra famiglia, nonostante la borsa di studio.

Ma evidentemente il destino, quando decide, sa il fatto suo. E le cose hanno iniziato a girare per il verso giusto. Si è messa in moto una sorta di macchina magica. Questo non significa che sia stato facile, tutt’altro. Ero ormai sconsolato riguardo l’alloggio, dopo centinaia di mail inviate a qualsiasi tipo di associazione e organizzazione, passando anche dalle chiese e i conventi di Boston, offrendomi di fare le pulizie in cambio dell’alloggio. Ricevevo solo risposte negative. Ma non volevo scoraggiarmi. E alla fine ho trovato una famiglia di boy scout che ha accettato di ospitarmi per due settimane. Arrivato lì, ci siamo “innamorati” a vicenda e sono rimasto tutto il periodo. Siamo diventati una famiglia e loro sono anche venuti al mio matrimonio in Italia, 4 anni fa».

Quindi è andato tutto liscio?

«Mica tanto! Certo non ho avuto brutte esperienze, ma non è nemmeno stato tutto facile. Calcola che il primo problema è stato quello della lingua, perché non parlavo inglese. Poi avevo dovuto lasciare la mia chitarra in Italia, perché non avevano voluto farmela imbarcare in aeroporto».

Durante l’ultimo anno del college a Boston Daniele frequenta il corso di ‘film scoring’, ovvero la colonna sonora. Per lui si apre un mondo nuovo e vola a Los Angeles in 5 giorni.

Cosa hai imparato dalla tua esperienza in America?

«Che se ti impegni tanto, alla fine le porte che si devono aprire alla fine si aprono. Io ho lavorato tantissimo, ma oggettivamente se non ci fossero state persone che mi avessero aiutato, come la famiglia che mi ha ospitato, non so se ce l’avrei fatta. Il destino mi ha dato una mano, ma solo perché ho fatto in modo che accadesse. Se non avessi insistito tantissimo, se non ci avessi creduto fino in fondo, tutto questo non sarebbe successo. Se, al contrario, tutte le porte si chiudono subito, se le circostanze ci fanno capire che è meglio cambiare strada, evidentemente non è destino ed è inutile insistere: io sono molto fatalista».

Da ragazzo, con Diouf, ti sembrava di vivere un film. Adesso, invece, l’atmosfera dei film la vivi ogni giorno, visto che scrivi la musica per le serie Tv americane. Cosa si prova a stare “dentro un film”?

«È sicuramente molto bello. Negli anni impari e affini le varie tecniche, perché non è qualcosa che puoi apprendere in pochi giorni. Capisci che per determinate scene serve un tipo di musica e non un’altra, che serve un tono particolare, un ritmo di un certo tipo. La cosa bella è sapere come la tua musica può aiutare quella scena a funzionare meglio, a coinvolgere di più gli spettatori. Spesso succede che mia moglie senta le musiche e, anche non sapendo a quale serie tv o film si riferiscano, riesca ad associarle alla scena corretta. Questo significa che ho fatto un buon lavoro».

La vera magia: l’amore per Giorgia

È frutto di una magia particolare?

«No, di tanto, tanto lavoro e passione».

La magia, invece, c’è nella tua vita privata. Una storia d’amore nata quando eri ancora un adolescente…

«Sì: una storia nata a Pomezia sempre grazie alla musica. Andavo a lezione in una scuola privata e lì facevo delle lezioni d’insieme con altri studenti allo scopo di creare una band per fare un saggio finale. La cantante di questa band portò alle lezioni una sua amica, Giorgia. Ci innamorammo subito. Stiamo insieme da 11 anni e siamo sposati da 4».

La musica di Daniele in oltre 100 episodi tv

La musica di Daniele ci ha accompagnato, magari senza saperlo, in oltre 100 episodi televisivi. Ma vediamo, riassumendo, quali sono i più importanti e quali i prossimi appuntamenti del “nostro” musicista. Daniele ha scritto, insieme al compositore Michael Suby (The Vampire Diaries, Pretty Little Liars, The Butterfly Effect), le musiche di “The Relentless One“, documentario diretto da M. Douglas Silverstein (regista vincitore di un Emmy Award e 12 Telly Awards). Ad aprile ci sarà l’anteprima mondiale al rinomato “American Documentary and Animation Film Festival”, uno dei più grandi festival per documentari negli USA.

Musica di Daniele Truocchio anche per la Sitcom televisiva “A Sitcom For Gio”, uscita negli schermi venerdì 1° Aprile. Creata da Oral Ellis, la serie è diretta da Shawn Harrison (Waldo Faldo in “Otto Sotto Un Tetto”, l’iconica commedia Americana degli anni 90). Ma Daniele si sta anche preparando per fare da giudice per gli Emmys 2022, per cui è stato nominato alla fine del 2021. “Una responsabilità che prendo molto seriamente”, ha dichiarato.

I premi

Con il cortometraggio “In Between” le musiche di Daniele hanno recentemente vinto tre premi: Migliore Colonna Sonora con menzione d’onore al Global Film Festival Awards, miglior Tema Principale (Main Theme) al New York International Film Awards (dove Truocchio è stato anche nominato per il premio “migliore colonna sonora”), miglior Tema Principale (Main Theme) al Oniros Film Awards”.

L’album In Between si trova in tutte le piattaforme digitali. Un’altra importantissima serie per cui scrive musiche, orchestrazioni e arrangiamenti è “Legacies“, della Warner Bros/CBS, che in America va in onda prima sul canale The CW, mentre da noi subito dopo su Netflix. Con lo stesso team collabora nel dipartimento musicale della serie Roswell. “Era una delle mie serie preferite quando ero piccolo – confida Daniele – Ho lavorato ad entrambe le serie dalla prima stagione ed ora siamo alla quarta”.

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