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Triplice omicidio Ardea, Daniel ha provato ad aiutare il fratellino prima di essere ucciso

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Strage di Ardea

Una domenica soleggiata, il primo caldo estivo, due bimbi spensierati al parco che si godono il sole e un anziano in sella alla sua bici, la sua passione. Quasi un ‘quadretto’ idilliaco, che non avrebbe certo fatto presagire quello che è poi successo in pochi istanti. Una domenica come tante, che sarebbe dovuta essere all’insegna del divertimento e del relax, e che si è trasformata in una tragedia a cui difficilmente si può trovare una spiegazione. Come si fa a rassegnarsi alla perdita di due figli e di un marito e padre? Come si fa a “vivere” sapendo che queste persone sono rimaste vittime di una follia omicida? A tre giorni dalla strage di Ardea, emergono dettagli che fanno rabbrividire, ricostruzioni che scandiscono quei terribili momenti.  

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Strage di Ardea: Daniel ha cercato di salvare il suo fratellino 

Una ‘vicenda’ con eroi grandi e piccoli sì, ma con l’epilogo che nessuno domenica avrebbe voluto sentire. Salvatore Ranieri, 74 anni, stava passeggiando in bicicletta quando si è accorto che il killer Andrea Pignani (poi suicida nella casa dove si era barricato) aveva puntato la pistola e colpito alla gola il piccolo David Fusinato, appena 5 anni. 

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L’anziano ha cercato di difendere i fratelli, si è frapposto, ha urlato di smetterla. Ma inutilmente. Anche lui è rimasto vittima di quella follia, ucciso con un colpo alla testa. E‘ qui che Pignani impugna (nuovamente) l’arma contro i fratellini, questa volta verso il più grande, Daniel, 10 anni. Lui, così mingherlino, poteva forse scappare in quegli istanti, raggiungere casa, ma invece avrebbe cercato di aiutare David, di soccorrerlo. Tentativi vani, perché il 35enne ha premuto il grilletto e senza pietà ha ucciso anche Daniel. L’autopsia conferma che i bimbi sono stati raggiunti da un solo colpo di pistola ciascuno: Daniel è stato colpito al petto, David alla gola. Oggi è stata effettuata anche l’autopsia di Salvatore.

A distanza di giorni resta la rabbia. Resta il senso di impotenza, quel ‘forse si poteva fare qualcosa’. Chi ha provato a difendersi e a difendere è rimasto ucciso, chi come Salvatore Ranieri poteva fuggire in sella alla sua bici è rimasto lì. Lì in quel parco dove ha perso la vita. Una storia di ‘eroi’ che ce l’hanno messa tutta per sfuggire a quella furia gratuita, una “storia” che però si è conclusa nel peggiore dei modi. Nessun ‘vissero felici e contenti’, ma solo tanti sogni spezzati. Nel dolore delle famiglie che dovranno aggrapparsi a qualcosa per sopravvivere. 

     

 
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