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Eco X: indagato l’ex sindaco Fabio Fucci, per la Procura il disastro poteva essere impedito

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Incendio alla Eco X di Pomezia il 5 maggio 2017

Il disastro Eco X poteva essere impedito. E’ quello che sostiene la Procura, che ha indagato l’allora sindaco Fabio Fucci, insieme a un esponente della Polizia Locale. I due sarebbero responsabili di omissione di atti d’ufficio. Per i giudici rimasero inermi di fronte alla segnalazione arrivata che, in qualche modo, preannunciava quello che sarebbe stato uno dei più grandi incendi della provincia di Roma degli ultimi 30 anni.

La segnalazione del CdQ ignorata

Infatti, appena 6 mesi prima, il 4 novembre 2016 il Comitato di quartiere Castagnetta Cinque Poderi aveva mandato sia al Comune, indirizzandola al sindaco, sia alla polizia locale, una segnalazione di pericolo. Nella lettera il Cdq aveva messo in evidenza il fatto che all’interno dell’Eco X c’erano stipati rifiuti oltre ogni limite. Inoltre, questi rifiuti erano di origine non definita, visto che dal sito arrivavano spesso odori nauseabondi. 

All’epoca Fucci inviò la segnalazione alla Polizia Locale. E i vigili il 22 dicembre richiesero l’intervento dei carabinieri del Noe. Ma il giorno in cui era stato fissato per il sopralluogo ci fu un’altra emergenza e la verifica non fu fatta. Tutta la storia può essere letta nelle nostre inchieste. 

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Ma il rinvio divenne a “tempo indeterminato”. Non si fece infatti in tempo a fissare un’altra data. Il 5 maggio del 2017 la Eco x andò a fuoco. Bruciarono più di 8.400 tonnellate di rifiuti. La colonna di fumo nero era visibile da Latina a Roma. Per settimane una cappa maleodorante aleggiò sulla città.

Le parole di Fucci

E adesso l’ex sindaco, ora commissario della Lega Fabio Fucci, è stato indagato. Ecco come Fucci commenta l’atto. Bisognerebbe realizzare urgentemente la bonifica e invece… Dopo 5 anni si torna ancora a parlare di Eco-X per motivi diversi. Spiace rilevare che a tenere banco ci sia ancora una volta il rivangare su ipotesi inverosimili che mi vedrebbero in qualche modo responsabile, invece che della vergognosa situazione dei rifiuti combusti che ancora si trovano in quel luogo, della mancanza di una dettagliata relazione su cosa si trovi sotto quelle macerie e, soprattutto, di cosa abbia innescato l’incendio. Nei giorni scorsi mi è stato notificato dalla Procura un atto in cui mi si comunicava la conclusione delle indagini su fatti antecedenti all’incendio. Indagini incentrate su un esposto che il comitato cittadino aveva inviato – sei anni fa – a me e al comando dei vigili di Pomezia. Durante queste indagini il Pubblico Ministero non ha ritenuto di dovermi sentire per comprendere la situazione e ascoltare la mia versione dei fatti e l’unica comunicazione che ho ricevuto è stata l’avvenuta chiusura della fase istruttoria. Per questo motivo tramite il mio legale ho già depositato la richiesta per essere interrogato dagli inquirenti. In quei giorni terribili del 2017 ho spiegato a più riprese come erano andate le cose e non ho difficoltà a ribadire ancora la correttezza del mio operato. Quando ricevetti l’esposto del comitato di quartiere, come ero solito fare per segnalazioni di quel tenore, l’ho prontamente inoltrato all’organismo deputato all’accertamento dei reati ambientali, la Polizia Locale di Pomezia, affinché, tramite un sopralluogo, relazionasse sullo stato dei luoghi. Non ricevetti mai alcuna relazione che mi desse gli strumenti per intervenire con gli atti di stretta competenza del sindaco (es. un’ordinanza).

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La ricostruzione che ho svolto nei giorni successivi all’incendio mi ha portato ad accertare che la Polizia Locale aveva organizzato un sopralluogo presso l’impianto mesi prima dell’incendio che tuttavia nel giorno previsto saltò a causa di uno sversamento di liquami in un fosso che aveva dirottato l’intervento. Ritengo quindi di aver agito con diligenza e con prontezza, e sono pronto a ribadirlo con forza di fronte al Pubblico Ministero. Seppur non sia più il sindaco di Pomezia ormai da quasi 5 anni, ho dovuto tuttavia affrontare già due processi per fatti risalenti al mio mandato da sindaco. In entrambi, nonostante le accuse, sono uscito a testa alta e con assoluzioni piene. Ancora oggi pago lo scotto di essere stato un sindaco “di frontiera” e “di rottura” rispetto ad un sistema che tralasciava gli interessi della comunità per altri fini meno nobili. Questo “sistema” ha reagito accanendosi contro la mia persona, bersagliandomi di querele pretestuose a solo scopo intimidatorio. Non potendomi battere politicamente dovevano distruggermi con ogni mezzo. Sento di aver agito sempre con giudizio, con senso del dovere e con grande disponibilità rispetto alla comunità che mi ha scelto. Lo dimostrerò anche in questa occasione”.

Il commento del sindaco Zuccalà

“Anche se siamo avversari politici, non possiamo addossare responsabilità fanno a quando non si esprime la Magistratura in via definitiva”, Questo il commento a caldo del sindaco Adriano Zuccalà. “Almeno noi, quando abbiamo preso in mano la situazione, abbiano messo in sicurezza il sito. Poi, per dire che la responsabilità sia di Fabio o di qualcun altro, dobbiamo aspettare che si evolva la situazione.

La messa in sicurezza, iniziata nel settembre del 2018, è durata circa un anno ed è avvenuta quando il sito era ancora sotto sequestro.  Gli interventi effettuati garantiscono che non ci sia percolazione di sostanze pericolose nel terreno o diffusione di sostanze pericolose nell’aria. Secondo quanto prescritto dalla normativa, acqua, aria e suolo sono elementi preservati da ogni tipo di contaminazione e noi monitoriamo costantemente che la situazione rimanga tale. Attualmente il sito non è più sotto sequestro e neanche sotto la nostra disponibilità, bensì in carico al curatore fallimentare che ne sta seguendo gli aspetti di recupero delle somme verso i creditori. 

Com’è facile intuire, l’importo della bonifica, che ad oggi è quantificato in circa 6 milioni, non può essere sostenuto dal Comune. Per questo motivo abbiamo più volte chiesto l’intervento della Regione e del Ministero, senza ottenere nulla. Tra l’altro voglio ricordare che l’ex sindaco Fucci non anticipò le somme necessarie alla messa in sicurezza del sito, portando avanti un gioco di rimpallo con la Regione. Appena ci siamo insediati abbiamo pensato prima di tutto al bene dei cittadini, avviando la messa in sicurezza del sito, per poi recuperare le somme in una fare successiva. Purtroppo, nonostante gli uffici abbiano inviato tutta la rendicontazione richiesta dalla Regione, ad oggi nulla ci è stato restituito, nonostante i continui solleciti. 

Aggiungo anche che abbiamo istituito un nucleo ambientale di controllo. Grazie al gruppo specifico della Polizia Locale teniamo monitorati su diversi aspetti (cambi societari, quantità di materiali stoccati o attività sospette) tutti i siti potenzialmente a rischio per la loro attività  e diamo seguito a ogni segnalazione che arriva al Comune. Specifichiamo inoltre che la legge impone azioni di controllo sul territorio da parte di Arpa Lazio e Asl e negli ultimo anni sono state rafforzate le procedure di controllo anche per i siti esenti dalla certificazione antincendio”.

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