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“C’è ancora domani” e non solo: le opere prime rifiutate dal Ministero della Cultura

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Paola Cortellesi

Paola Cortellesi nella storia del cinema italiano, ma il Ministero della Cultura non aveva riconosciuto i fondi per il film: non è l’unica.

Paola Cortellesi, c’è ancora domani, forse. Il suo primo film da regista ha superato le aspettative: l’opera della attrice (che segna il debutto alla regia) è la terza più vista nella storia recente del cinema italiano. La donna sfonda il muro dei 20 milioni d’incasso con una storia neorealista che mette in luce una realtà complicata in Italia, quella del dopoguerra, che vedeva le donne particolarmente vessate. “Non è una storia estrema la mia”, ha detto Paola Cortellesi ai microfoni di Radio Deejay.

In quegli anni, come si mostra nel film, trattare in un certo modo la donna era la normalità. Consuetudine che la Cortellesi ha voluto sbattere in faccia allo spettatore – con l’aiuto di Giulia Calenda e Furio Andreotti – in tutta la sua crudezza. Questo anche grazie all’alternanza di serio e faceto che propone il girato. La vicenda è un vero e proprio spaccato di vita che offre anche spunto per ridere delle amarezze senza smettere di riflettere.

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L’amarezza più grande tuttavia arriva dal Ministero della Cultura che aveva negato al film i fondi necessari, i quali sono stati reperiti in altra maniera: “L’opera aveva uno scarso valore artistico”, queste le motivazioni apprese e riportate da Repubblica. Un caso di poca lungimiranza o semplicemente di scelte, ma non è l’unico. Basti pensare che le opere prime, secondo il Ministero, sono un terno al Lotto: difficilmente si scommette sul cinema italiano oggi.

C'è ancora domani

Il sistema è vivo, ma viene supportato poco: basti pensare a quel che sta succedendo rispetto al Tax Credit e ai fondi destinati alla Cultura, tra cui anche quelli per il cinema e l’arte. Tagli che vanno a incidere, per questo subentrano i privati. Infatti, oggi, molti distributori fanno anche i produttori. Amazon e Netflix in primis. Scommettere – a livello statale – sul cinema rappresenta un rischio che (quasi) nessuno in Italia vuole più correre.

Film come “Smetto Quando Voglio” e “Lo chiamavano Jeeg Robot” hanno aperto un varco, non senza difficoltà. Anche in quel caso, reperire i fondi è stata un’impresa. Si trattava, anche all’epoca, di esordienti. Il cinema italiano non è morto, ma soffre la ciclicità di certi meccanismi. Il motivo è anche la paura di tornare a rimpolpare un’industria che post pandemia non ha ritrovato i ritmi di un tempo. In America gli addetti ai lavori si sono fatti sentire su più fronti.

L’arte passa anche attraverso l’audiovisivo. Un concetto che dev’essere scolpito a caratteri cubitali. Se vuole esserci – davvero – ancora un domani per il cinema in Italia. Altrimenti si continuerà a vivere di colpi di scena e belle sorprese (come quella di Paola Cortellesi) con la consapevolezza che potrebbero – se solo ci fossero le intenzioni – essere molte di più. 

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