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App Coronavirus, l’ipotesi: «Volontaria sì, ma limiti agli spostamenti per chi non la installerà»

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App Coronavirus, si lavora per definire le modalità con cui l’applicazione Immuni dovrà essere inserita nel piano di contrasto al Covid-19. Il problema principale, sul quale si sta discutendo, è quello della privacy: il timore è che l’App sul Coronavirus possa violare – troppo la libertà dei cittadini. 

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Sul tema si è acceso intanto lo scontro politico. Per Salvini «la libertà degli italiani non è in vendita» mentre PD, Lega, FDI e Forza Italia concordano sulla necessità di un passaggio in Parlamento. Serve una legge insomma.

Cos’è e come funziona l’App Immuni

Il commissario straordinario per l’emergenza Covid-19 Domenico Arcuri ha firmato nella giornata del 16 aprile un’ordinanza, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, in cui dispone di procedere alla stipula del contratto di concessione gratuita della licenza d’uso sul software di contact tracing e di appalto di servizio gratuito con la società Bending Spoons S.p.a. Da allora si è scatenato il dibattito.

L’App Immuni si compone di due parti. La prima parte sarebbe un sistema di tracciamento dei contatti che va a sfruttare il Bluetooth. In questo modo si può rilevare la vicinanza tra due telefoni entro un metro e a ‘andare a vedere’ tutti gli incontri che precedentemente una persona positiva al Coronavirus ha avuto, così da poter isolare e rintracciare i potenziali infetti. 

Quando l’applicazione viene scaricata sul telefono, questa conserva sul dispositivo di ogni cittadino una lista di codici identificativa anonimi di tutti gli altri dispositivi ai quali è stata vicino. La seconda parte dell’app è una sorta di diario clinico che va aggiornato ogni giorno in base ai sintomi e alle condizioni di salute del momento. 

App Coronavirus: «Efficace solo se scaricata dal 60% degli Italiani»

Il Garante della Privacy: «App solo su base volontaria»

Antonello Soro, Presidente del Garante per la protezione dei dati personali ha dichiarato nei giorni scorsi a Il Mattino che sono da preferire «soluzioni fondate sulla volontaria adesione del singolo» anche se «il contact tracing necessita dell’adesione di circa il 60% della popolazione: se si riesce a sensibilizzare tale quota di cittadini, il risultato potrebbe essere a un tempo rispettoso della privacy e proficuo per il contenimento dei contagi». Ad ogni modo, aggiunge Soro, non si può prescindere da “un passaggio legislativo“: servirebbe cioè quantomeno “un decreto-legge” uno strumento che “assicura la tempestività dell’intervento, pur non omettendo il sindacato parlamentare né quello successivo di costituzionalità, diversamente dalle ordinanze”. 

Su Immuni indaga il Copasir

Sul caso vuole vederci chiaro anche il Copasri, il Comitato per la sicurezza della Repubblica che intende approfondire la questione dell’App “IMMUNI”. A tenere banco sono sia per gli aspetti di architettura societaria, sia per quanto riguarda le forme scelte dal Commissario Arcuri per l’affidamento e la conseguente gestione dell’applicazione non escludendo l’audizione dello stesso Arcuri ritenendo che si tratti di materia afferente alla sicurezza nazionale.

App Coronavirus, favorevole Zaia

«Quando finiranno le restrizioni agli spostamenti, potra’ essere che se ti fermano per un controllo verificano che tu abbia mascherina e guanti, ma anche l’app scaricata sullo smartphone». Lo ipotizza il governatore del Veneto Luca Zaia parlando dell’app per il tracciamento dei contagi che si ipotizza di utilizzare per evitare il rischio una nuova ondata di coronavirus.
 
«È il modello coreano, ed e’ esattamente quello che vogliamo. Ma e’ ovvio che se uno non tiene l’app accesa non puo’ funzionare. E perche’ il sistema sia efficace, e’ necessario che sia utilizzato da almeno il 60% della popolazione. Quindi l’uso dell’app sara’ volontario ma fino ad un certo punto. Dovremmo renderla obbligatoria altrimenti non funziona. Dopodichè è ovvio che i dati dei movimenti non li avrà nessuno, sono tutti codici alfanumerici».
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