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Ardea e Pomezia terre dei “fuochi”, parlano le prostitute: “Ecco chi sono i nostri clienti”

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Dopo la pubblicazione la settimana scorsa della prima parte dell’inchiesta sul mondo della prostituzione ad Ardea e Pomezia, oggi vi proponiamo la seconda parte, dedicata alle “protagoniste” di questo mondo parallelo. 

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Le vie del sesso…tre anni dopo

Sono passati tre anni dalla nostra inchiesta sullo stesso tema ma purtroppo non è cambiato nulla. Le facce delle donne sono diverse, il degrado è rimasto lo stesso. Ma la cosa che più ci ha colpito è stata la diversità tra le ragazze che offrono il loro corpo: storie, personalità e motivazioni differenti che ci hanno fatto capire che, anche in questo ambiente, non si può assolutamente fare delle generalizzazioni. Laurentina, Ardeatina, via di Pratica, il lungomare di Tor San Lorenzo. E poi la stazione di S. Palomba, via dei Castelli Romani, via di Valle Caia. Sono solo alcune, delle strade del sesso, quelle che con il calare delle tenebre si illuminano dei falò che queste ragazze accendono per scaldarsi nelle sere gelide. Di giorno la situazione, come avete visto, cambia poco: niente fuochi, ma per il resto la scena è quasi uguale. Bianche, nere, persino qualche orientale. Giovani, anche giovanissime, di sicuro tra loro ci sono minorenni, anche se quando glielo chiedi ti rispondono di aver già compiuto 18 anni. Belle ragazze, che potrebbero aspirare a qualcosa di più della strada.

E invece stanno lì, a prendere freddo tra un cliente e l’altro, a veder passare giorni e uomini in una sequenza senza fine. Correndo anche qualche rischio, abbiamo intervistato alcune ragazze. Altre non hanno voluto parlare, qualcuna ci ha lanciato minacce più o meno velate. Un paio erano spaventate da noi. In due occasioni, non appena abbiamo provato a rivolgere la parola alle ragazze, è arrivato un uomo a bordo di un’auto, cosa che ha spinto le giovani a mandarci via in fretta, impaurite dalle possibili conseguenze. Senza moralismi di alcun genere, in questa nostra inchiesta da un lato mostriamo la situazione di degrado che quotidianamente siamo costretti a subire, dall’altra cerchiamo di entrare nelle pieghe più profonde dell’animo di queste giovani per capire cosa le spinge (o le costringe) a svolgere il “mestiere più antico del mondo”.

Lo scenario

Girare per alcune zone periferiche di Pomezia e Ardea porta in una realtà che solo lo Stato e le Istituzioni in generale sembrano voler ignorare: donne praticamente nude anche in punti frequentati da bambini e adolescenti, degrado, sporcizia (i “resti” dei rapporti vengono “ovviamente” buttati per terra). Di giorno la luce del sole mostra impietosa scene che nella maggior parte delle nazioni cosiddette civili non si vedono. Eppure la prostituzione esiste ovunque. La sera non va meglio: i falò riscaldano queste ragazze, mentre il riverbero delle fiamme illumina i loro corpi seminudi nonostante il freddo. Impossibile non vedere, eppure negli anni niente cambia, anzi… l’offerta è sempre più sfacciata, a prezzi sempre più stracciati.
Il tariffario medio per le prostitute di strada di Pomezia e Ardea si aggira sui 30 euro per “bocca e f…”, 20 per la sola bocca. 10 euro in più se si vuole fare qualcosa anche con il “lato b”. Ma la concorrenza e la crisi hanno portato tante di queste ragazze a fare sconti: “30 euro e faccio tutto”. Spesso ne bastano anche solo 20. “Tanto è difficile che duri più di 10 minuti – commenta una ragazza – davanti o dietro, ormai per me è lo stesso, basta che si sbrighi”.

I luoghi per “consumare” non sono sempre così appartati da consentire di non essere visti: abbiamo i video che dimostrano come, in pieno giorno, il rapporto sessuale si svolga a ridosso dell’ingresso di un campo da calcio, tra il muro e una roulotte parcheggiata, di fronte e a case e uffici, mentre passano le auto (poche). La durata media, come detto dalla ragazza, effettivamente è davvero breve, ma quello che colpisce di più sono gli interrogativi che sorgono spontanei dopo aver assistito a una scena del genere: che tipo di piacere può trovare un uomo da un rapporto sessuale di questo tipo? E che tipo di uomo cerca questo tipo di piacere di bassissimo livello?

Il Corriere della Città 26-27

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Le ragazze

Le strade sembrano vetrine dove si guarda la merce: italiane, straniere, more, bionde, nere, bianche, giovanissime o più mature, magrissime o belle in carne. Alcune sono talmente belle e perfette da sembrare modelle. Si sceglie quello che si preferisce, lo si prende, si consuma, si paga e si va via. Un fazzolettino per darsi una ripulita alla bell’e meglio, un sorso d’acqua per sciacquare la bocca e si ricomincia ad aspettare il prossimo. Con che animo? Con quali paure? Perché? Già, perché si decide di mettere in vendita il proprio corpo in mezzo a una strada a un prezzo da discount?

Morena (nome di fantasia) ha 27 anni. È davvero bella. È vestita in modo non troppo appariscente: pantacollant lucidi neri, maglioncino rosa, scarpe con il tacco altissimo. L’avvicino dicendole che sono una giornalista, che sto scrivendo un’inchiesta sul mondo della prostituzione e che, per evitarle problemi, se lei è disposta a parlare può salire sulla mia auto, così ci allontaniamo e nessuno potrà poi farle subire ritorsioni. Mi guarda negli occhi e poi lancia una sorta di sfida: “Parlo con te solo se hai il coraggio di parcheggiare sederti qui acconto a me, anche se chi passa – vedenti qui – potrebbe scambiarti per una come me”. “Sono rumena – inizia a raccontare – e sono venuta in Italia per la prima volta 10 anni fa, quando ne avevo 17. Ero con il mio ragazzo: siamo andati via dalla Romania perché al mio paese non c’erano speranze per un buon futuro. Sono la prima di 8 figli: io volevo studiare musica, ma mio padre mi ha costretta a fare la scuola per cameriere. A 13 anni già lavoravo come cameriera, compatibilmente con gli orari della scuola”. L’atmosfera in casa non è delle migliori: il padre beve e picchia costantemente la madre. Quando Morena inizia a intervenire per difenderla, il genitore prende l’abitudine di picchiare anche lei, fino a quando, non sopportando più quella violenza, la ragazza accetta la proposta del suo fidanzato di emigrare in Italia.

I genitori firmano una procura, ben lieti di avere una persona in meno da sfamare. “Arrivati in Italia ho iniziato a lavorare in campagna: mi alzavo alle 4 e tornavo a casa la sera stanca morta. Ma non mi lamentavo. Pochi mesi dopo però, il mio ragazzo ha iniziato a picchiarmi: io non mi ribellavo, ero cresciuta con l’esempio di mia madre. Ho subìto per 3 anni. Poi ha iniziato a menarmi sempre più forte, fino a lasciarmi delle brutte cicatrici sia sul volto che sul corpo”. Morena non parla delle cicatrici che quell’uomo le ha lasciato nell’anima, ma si leggono negli occhi. Sono quelle che la spingono a chiedere aiuto ai genitori, che la esortano a tornare in Romania. Ma il ragazzo, che nei tre anni passati in Italia si è preso tutti i soldi guadagnati da Morena, la segue. In Romania acquista una casa (tutta a nome suo, anche se i soldi erano principalmente della ragazza) e chiede a Morena di riprovare. Lei accetta, ma le botte ricominciano dal primo giorno. E oltretutto i due, finiti i soldi guadagnati in Italia, fanno la fame.

“Ho deciso quindi di scappare e tornare in Italia. Durante i tre anni passati qui lui mi aveva fatto prostituire per brevi periodi, ma appena arrivata non ho pensato a stare in strada. Sono andata a fare la baby sitter in una famiglia di Padova. Mi davano 250 euro al mese e io mandavo quasi tutto a casa, tenevo per me solo qualche spiccio. Volevo che le mie sorelline avessero quello che io non ho mai avuto. Ma quei soldi erano pochi, così dopo un po’ ho deciso di venire a Roma. Ho trovato un altro posto come baby sitter a Pomezia, ma è durato poco, perché quando la bimba ha iniziato la scuola non avevano più bisogno di me. Allora, visto che non trovavo nulla, ho deciso di prostituirmi”. Adesso sono 4 anni che fa questo mestiere. “Avevo bisogno di soldi, di tanti soldi, per operarmi agli occhi. Continuando a fare la baby sitter non ci sarei mai riuscita. E poi volevo guadagnare anche il denaro per far operare anche una delle mie sorelle, che soffre della mia stessa malattia. All’inizio in un giorno arrivavo a guadagnare circa 600 euro. Gli uomini che venivano con me erano tantissimi. Ma da circa un anno le cose sono cambiate, un po’ per la crisi, un po’ per colpa delle altre ragazze”.

In che senso?
“Loro hanno prezzi bassissimi, per 20 euro fanno qualsiasi cosa”.
Tu invece?
“Io per 20 euro uso solo la bocca. E poi c’è il fatto che io certe cose proprio non le faccio”.
Cosa?
“Il dietro non lo faccio toccare a nessuno. Tu non ci crederai, ma io credo in Dio: so che quello che sto facendo è sbagliato, ma Lui sa perché lo faccio. E io so che, nello schifo della mia vita, non posso oltrepassare certi limiti”.
Adesso quanto guadagni?
“Se arrivo a 100 euro al giorno sono fortunata”.
Devi pagare un protettore?
“No, non ho protettori. Ci hanno provato, sia due uomini che due donne. E ti assicuro che le donne in questo sono più cattive degli uomini. Ma io ho dimostrato di non aver paura e sono riuscita a tenerli lontani. Ho sempre scelto posti ‘liberi’, non ho mai invaso lo spazio delle altre ragazze. Così mi hanno lasciata in pace. Sai, non devi credere a chi ti dice che non può smettere di prostituirsi perché ha paura del pappone. Se vuoi, da questa vita di merda ne esci, basta che chiedi aiuto al primo cliente che ti ispira fiducia. Oppure basta che chiami la polizia. È vero, ci sono le ragazzine che vengono picchiate e violentate prima di essere buttate in strada. Ma quando poi sei qui, se davvero vuoi smettere, il modo lo trovi”.
Da quanto sei in questo tratto di strada?
“Da questa estate. Prima di qui stavo sulla Pontina, nel tratto dello svincolo di Castel Romano. Ma si fermavano in pochi, perché essendo vicino al centro commerciale avevano paura che qualcuno che li conosceva potesse vederli. Così ho deciso di spostarmi. Qui è più tranquillo”.
Qual è la cosa più brutta che ti è capitata con questo mestiere?
“Una volta, sulla Pontina, stava piovendo a dirotto. Si è fermato un uomo, mi ha fatta salire in macchina. Appena entrata mi ha minacciata con un’arma, poi mi ha violentata e rapinata di quel poco che avevo. È stata un’esperienza terribile. Da quel giorno sto ancora più attenta ai possibili clienti. Se non mi ispirano, se vedo che non sono brave persone, li rifiuto. Preferisco perdere un guadagno che rischiare. Ma quella non è l’unica cosa brutta. Quello che mi fa stare davvero male è sentire le persone – uomini, ma anche donne – che quando passano e mi vedono mi urlano “Zozza, porca, puttana!”. Quella forse è la cosa peggiore. Perché è vero che mi prostituisco, ma non lo faccio in modo sfacciato, non mi vedrai mai nuda in strada. E se vendo il mio corpo è perché non ho trovato altro modo per guadagnare il necessario per mantenere la mia famiglia in Romania. Adesso le mie sorelle hanno finalmente vestiti decenti e possono andare nella scuola che desiderano. Io andavo a scuola con stracci informi e scarpe di gomma”.
Cosa provi quando stai con un cliente?
“Solo schifo. Per loro e per me. Spesso mi viene da vomitare, soprattutto durante i rapporti orali”.
E come fai per resistere?
“Per scordarmi quello che sto facendo, per non pensare a questa vita di merda, quando aspetto i clienti mi metto le cuffiette e ascolto la musica, che mi trasporta in un altro mondo, in un’altra vita. Quando sto con i clienti, quella musica la ricostruisco con la mente, faccio di tutto per isolarmi e distaccarmi dal mio corpo. E sogno: quello che sarei potuta essere, quello che vorrei diventare. Tutto, ma non questo”.

La seconda storia è quella di Alina. “Ho 29 anni. Sono arrivata in Italia 10 anni fa”. Alina (nome di fantasia) lavora di notte su via Ardeatina. Combatte il fretto di dicembre con un falò che alimenta con legni presi da cassette della frutta. Quando le chiedo se possiamo fare una chiacchierata mi guarda con sospetto, poi acconsente. Non vuole salire in macchina, vuole che stia lì con lei. Il fumo che sale dal falò brucia gli occhi. “Meglio questo che il gelo”, commenta Alina.“Vengo dalla Romania. Sono arrivata qui quando avevo 19 anni”.
Cosa cercavi in Italia?
“All’inizio un lavoro onesto. Ho provato a fare la badante, ma è durato solo per un mese. Era un lavoro faticoso, con poco guadagno. Io credevo che qui in Italia fosse facile trovare un lavoro e fare soldi, non come da noi che davvero si fa la fame. Ma quello della badante non era il lavoro che sognavo”.
E cosa sognavi?
“Non lo so neanche io. Ero una ragazzina, mi aspettavo il paese delle meraviglie. Invece la realtà era diversa, ma – devo ammetterlo – ero attirata dai soldi, pur non avendo voglia di lavorare duro”.
Come sei finita su una strada?
“Ho conosciuto una ragazza che lo faceva già. Guadagnava tanto e io ero un po’ invidiosa di questo. Mi ha chiesto se volevo provare e ho detto di sì. Dieci anni fa le cose erano diverse rispetto ad adesso: guadagnavo un sacco di soldi, alcuni giorni arrivavo anche a mille euro, anche se mediamente facevo intorno ai 6/700 euro al giorno”. Alena non parla bene l’italiano, nonostante sia qui da tanto tempo. “Non parlo molto con gli italiani – spiega – quando non lavoro frequento i miei connazionali. Con gli italiani maschi ho solo contatti sessuali per lavoro: a loro non importa di parlare tanto e le parole che dicono, quello che vogliono, lo capisco benissimo, così come loro capiscono me. Con le donne italiane non ho praticamente nessun rapporto: si sentono superiori a me, a noi. Passano e spesso mi insultano. Ma io ho imparato a non dar retta a chi non mi conosce e mi giudica solo per il lavoro che faccio”.
Come sei quando non sei qui su via Ardeatina?
“Quando torno a casa sono una donna come tante altre: tolgo il trucco pesante, tolgo questi vestiti (indossa una minigonna, calze a rete, una micromaglietta che lascia scoperta gran parte del suo seno, molto abbondante”, ndr) e indosso abiti normali. Cerco di non far capire quale sia il mio lavoro, anche se qualcuno lo immagina. Ma io cerco di vivere una vita normale: esco, mi diverto, frequento gli amici, tutti rumeni come me”.
Che tipo di uomini vengono da te?
“Di tutti i tipi: dai ragazzini ancora minorenni fino a quelli molto anziani”.
Cosa ti chiedono?
“Principalmente bocca e f…, ma molti vengono da me per il mio seno”.
Hai mai avuto paura di salire in macchina con qualcuno?
“La paura c’è sempre: non sai mai veramente chi sia il tuo cliente. Magari ha l’aria di una brava persona, e poi invece è un delinquente che vuole fare tutto gratis e pure derubarti. Sono i rischi che devo correre ogni giorno se voglio guadagnare qualcosa”.
Adesso quanto guadagni?
“Dipende dai giorni. Se sono fortunata 100 euro. Ma ci sono giorni in cui faccio solo 20 o 30 euro, anche se sto qui tutta la sera. È che siamo troppe. In questo punto siamo tutte rumene. Ma se ti sposti un po’ più su, dopo la rotonda, trovi le italiane. Dal lato opposto ci sono le africane. Prima eravamo di meno, quindi lavoravamo di più e potevamo chiedere più soldi. Adesso è come con le offerte dei supermercati: devi dare qualcosa in più a un prezzo più basso”.
Non ti viene voglia di smettere?
“Ancora no”.
Quello che guadagni è tutto tuo o hai un protettore?
“No, adesso non ho protettori. Non servono a salvarti la vita, ma solo a fregarti i soldi che guadagni. Guarda, i tempi delle ragazze massacrate di botte per fare questo mestiere sono passati. Era così prima, ma adesso la maggior parte di noi è consapevole di quello che fa sin da prima di iniziare. È una scelta. Certo, può ancora capitare la ragazzina che crede nelle favole e che finisce nelle mani di gente senza scrupoli, ma si tratta di una percentuale molto bassa, proprio perché ormai i guadagni sono calati tanto”.
Mentre parliamo arriva un uomo, si ferma. Guarda prima Alina, poi me. Mi chiede se voglio salire nella sua auto. “Se sei nuova, sarei felice di essere il tuo primo cliente, in questa zona”. Non appena gli spiego di essere una giornalista che sta facendo un’inchiesta sul mondo della prostituzione e gli chiedo se vuole rispondere ad alcune domande, sbianca, ingrana la marcia e se ne va, preoccupato che io possa identificarlo in qualche modo. Alina ride, ma poi mi dice: “Hai fatto scappare l’unico che si era fermato finora”. L’intervista con lei è finita, non voglio impedirle di guadagnare qualcosa.

Gabriela (nome di fantasia) è mora, molto formosa. I vestiti che indossa le strizzano le forme e gli uomini che passano, anche quelli che non si fermano, comunque rallentano per guardarla.
Ha 24 anni e anche lei viene dalla Romania.
“Sono arrivata 4 anni fa, dopo aver divorziato da mio marito. Mi ero sposata giovanissima, ma lui non era di certo un principe azzurro. Mi picchiava. Ho trovato la forza di andarmene e sono venuta qui”.
Cosa pensavi di fare in Italia?
“La prostituta. Sapevo perfettamente, prima di partire, cosa sarei venuta a fare qui. L’ho scelto io, come tante altre mie connazionali. A molte va bene, qui trovano l’amore o un buon lavoro, ma tante, come me, arrivano disilluse. Sanno che finiranno per strada”.
E allora perché sei partita?
“Per i soldi, per cosa, altrimenti? In Romania non avrei mai guadagnato come in Italia, né con un lavoro onesto né facendo la prostituta. Allora meglio emigrare. Sono venuta qui perché sapevo che avrei trovato altre ragazze rumene. Non volevo stare da sola, volevo comunque un legame con il mio paese, perché io qui ci starò poco”.
Cioè?
“Voglio fare questo lavoro ancora qualche anno, il tempo di mettere da parte i soldi per comprarmi una casa in Romania e stare al sicuro per un po’. Magari poi mi sposerò di nuovo, oppure mi aprirò un negozio”.

Perché non hai provato a cercare un lavoro pulito?
“E chi mi avrebbe assunta? Non parlo bene l’italiano, non ho un diploma. Non trovate lavoro voi italiani, anche se siete tutti diplomati o laureati, pensi che qualcuno lo avrebbe offerto a me?”.
Cosa provi quando sei qui sulla strada?
“Spero solo che non mi capitino tipi strani”.
Qual è stato il tipo più strano con cui hai avuto a che fare?
“Ehhh, sono tantissimi! Ci sono quelli che invece di concludere si mettono a parlare delle mogli, dicendo che sono più puttane di me, quelli che devono per forza dire le parolacce altrimenti non si eccitano, e quelli che, per riuscire a fare qualcosa, vogliono essere picchiati”.
Picchiati davvero?
“Sì. Schiaffi, morsi, capelli tirati. Alcuni vogliono essere pure insultati. Io non li capisco, ma faccio quello che mi dicono. L’importante è che mi paghino”.
Ci sono tipi normali?
“Per fortuna sì, sono la maggior parte. Con loro in 10-15 minuti è tutto fatto. Poche parole, niente richieste strane, vogliono solo godere qualche minuto, magari per dimenticare che la loro vita fa schifo come la mia, per altri motivi”.
Qual è il momento più brutto della giornata?
“Quando passano le signore che mi guardano con disprezzo, oppure quando qualcuno mi insulta. Magari sono le stesse che hanno i mariti che vengono da me e che mi raccontano cose brutte sul loro conto. A volte mi raccontano che loro li tradiscono, che li fanno soffrire”.
Non ti viene in mente che potrebbero essere bugie, mentre invece sono loro che stanno tradendo le mogli?
“Non è colpa mia se lo fanno: se non venissero da me, andrebbero da quella che sta venti metri dopo. Il problema non siamo noi prostitute, sono gli uomini che vengono da noi, non credi? Se non ci fosse richiesta, noi non staremmo qui. Ma, invece di fare un’inchiesta sulle prostitute, perché non fai un’inchiesta sul perché gli uomini vogliono le prostitute, invece di stare con le loro mogli? Tu lo sai quanti dicono che riescono ad avere un’erezione solo con noi e non con le compagne, perché noi “puttane” non li giudichiamo, non li assilliamo, non facciamo domande e non vogliano risposte?”.
L’argomento ha di certo molti aspetti e Gabriela si infervora a voler far prevalere il suo punto di vista. “Non credere a chi ti dice che l’uomo va con una prostituta solo perché vuole fare chissà quali cose perverse. Quelli che si accontentano di cinque minuti in piedi o di un rapporto orale sono la maggior parte. Quindi perché non lo fanno con le mogli o con le fidanzate?”.
Non sapendo cosa rispondere, cambio argomento.
Ma cosa avresti voluto fare, se non avessi deciso di vendere il tuo corpo?
“Ho fatto la scuola per parrucchiere: magari, quando tornerò in Romania, potrei aprire un negozio. Ma mi servono tanti soldi. E solo gli uomini italiani possono darmeli”.

Quegli uomini che non vogliono essere giudicati, non vogliono domande e non vogliono fornire risposte. Ma solo avere un’erezione senza problemi.

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