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Criminali tutelati più dei Carabinieri, la triste realtà Italiana: “Ecco come siamo costretti a lavorare”

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carabinieri l'allarme lanciato dal segretario USMIA

La vera Giustizia esiste in Italia? E’ mai possibile che chi delinque abbia, paradossalmente, più tutele e diritti per certi versi degli operanti delle Forze dell’Ordine? Con queste domande si interroga oggi il Segretario Generale USMIA Carabinieri Carmine Caforio, preoccupato della situazione in cui vivono e operano le Forze dell’Ordine. E a tal proposito pubblica “il nuovo – provocatorio – vademecum” sul tema lanciando l’ennesimo allarme.

Ecco come sono costretti a lavorare i Carabinieri in Italia

Spiega Caforio:

“Un modo di agire che proveremo a rappresentare in questo documento inedito, cercando di mettere a nudo l’attuale e preoccupante realtà operativa che, ben presto, causerà l’estinzione degli ultimi “sbirri” ai quali non bisogna dare la “caccia” ma garantire tutela e protezione. Una “razza” di Poliziotti, arditi e animati da forte passione, le cui gesta hanno tracciato più di due secoli di storia della Benemerita i quali, coordinati da illustri Magistrati e autorevoli Comandanti, sono riusciti, anche al prezzo della vita, a contrastare e disarticolare i fenomeni criminali più sanguinari che, nel corso del tempo, hanno afflitto il nostro Paese”. 

Il web e le baby gang

“Chi delinque si infiltra nel territorio, affonda le sue radici nel tessuto sociale e lo infesta come la “gramigna”, solo se trova terreno fertile e incolto; proprio come sta accadendo oggi attraverso l’utilizzo irrefrenabile dei social. Un’arma a doppio taglio da un lato capace di screditare, indebolire e influenzare l’operato delle Forze dell’Ordine, mentre dall’alto di rafforzare e favorire il veloce sviluppo di nuove forme di criminalità, tra cui l’emergente fenomeno delle baby gang. Giovani, facilmente adescabili, soprattutto a causa della loro immaturità, liberi di “navigare incontrollati nell’oceano della rete” pieno di insidie. Un nuovo mondo, quello virtuale, capace di alterare la loro normale crescita psicologica, morale e culturale, che li circuisce facendoli allontanare sempre più dalle istituzioni e da tutte quelle tradizioni ereditate, di generazione in generazione, dai nostri padri“, prosegue. 

Quali tutele per le forze dell’ordine?

Si chiede ancora il Segretario Generale USMIA Carabinieri:

“Ma di contro, quali sono le iniziative socioculturali a vantaggio dei giovani, le strategie preventive e le misure repressive che sta adottando il Governo per arginare l’inquietante allarme sicurezza? Cosa si aspetta ad adeguare gli strumenti normativi che garantiscano l’indispensabile tutela degli operatori di polizia? Quali sono le nuove regole di ingaggio a cui dovranno attenersi i tutori dell’ordine per impedire che i reati vengano portati a ulteriori e più gravi conseguenze? E ancora: quali sono i protocolli d’azione da adottare quando vi è la necessità di respingere una violenza o vincere una resistenza senza incorrere in un procedimento?”

Il vademecum provocatorio

“A queste e a tante altre domande che rimangono incognite, la risposta di chi opera nel campo della sicurezza è chiara e pressoché unanime: ove possibile, meglio evitare “rogne” perché nessuno muoverà un dito per tutelarti!”, è il grido d’allarme di Caforio.

Questa, la triste “PAROLA D’ORDINE” non scritta, contenuta nel “NUOVO VADEMECUM” in uso alle Forze dell’Ordine:

  • Intervenite a cose fatte;
  • Non inseguite il malvivente in nessun caso;
  • Indietreggiate in caso di minaccia;
  • Evitate di reagire anche quando si è aggrediti;
  • Mantenete le distanze dagli autolesionisti e comunque aspettate l’intervento del personale sanitario; almeno saranno presenti testimoni che potrebbero scagionarvi da false accuse;
  • Lasciate che i vandali danneggino i mezzi di servizio, tanto verranno riparati con i
    soldi dei contribuenti;
  • Evitate assolutamente di usare armi poiché un colpo di pistola, benché esploso nella piena legittimità, è sempre un’incognita;
  • Filmate e registrate (se le circostanze ve lo consentiranno) ogni operazione compiuta in servizio, avrete più possibilità di difendervi dalle calunnie;
  • Auguratevi che qualche soggetto in stato di alterazione psicofisica, magari “imbottito” di un mix di sostanze alcoliche e stupefacenti, non muoia d’infarto durante l’immobilizzazione, l’accompagnamento in caserma o in camera di sicurezza. Verrete sottoposti a “quattro gradi di giudizio”, il primo mediatico che devasterà la vostra immagine e quella dei famigliari che dovranno nascondersi come i ladri braccati; a seguire, penale ordinario/ penale militare/ disciplinare e per finire verrà anche esaminata la vostra posizione d’impiego che, in molti casi, si concluderà con un trasferimento presso altra sede.
  • La vostra carriera, la professionalità acquisita, le abitudini familiari, gli affetti ed i risparmi che avrete messo da parte con grandi sacrifici verranno drasticamente stravolti e per concludere, quasi certamente, subirete un isolamento totale.

“Non siamo automi ma esseri umani”, sottolinea Caforio, che aggiunge:

“Il timore di rimanere imbrigliati nella rete di qualche procedimento ha preso il sopravvento sulla ragione e, in alcuni casi, anche sulla Giustizia. Lo spirito d’iniziativa: una prerogativa che sino a pochi anni fa caratterizzava il temperamento dei veri “sbirri”, oggi, in molte occasioni, viene equiparato ad una “mancanza disciplinare” da esaminare in ogni minimo dettaglio. Uomini e donne che meritano fiducia e incondizionato rispetto, e pertanto di essere tutelati dallo Stato che rappresentano e dalla scala gerarchica che dovrebbe ritornare ad essere un punto di riferimento, saldo e indissolubile, e non un problema da evitare ad ogni costo”.

Nessuna certezza della pena

Aggiunge ancora: 

“La certezza della pena è diventata solo utopia, mentre garanzie e tutele vengono applicate in modo sempre più scrupoloso solo a favore di chi delinque. Se alcuni anni fa dopo un’operazione di servizio si festeggiava il risultato operativo, oggi è meglio incrociare le dita ed aspettare perlomeno la sentenza di primo grado sperando che l’arrestato – spesso libero di continuare a delinquere dopo la convalida della misura – non escogiti qualcosa contro chi legittimamente lo ha assicurato alla Giustizia. Oramai chi delinque ha imparato bene come funziona il “sistema”! La parola di un malvivente, benché infondata, in alcuni casi sembrerebbe essere considerata più attendibile di quella di un tutore dell’ordine. Non è più una sorpresa che, a seguito dell’adozione di provvedimenti restrittivi della libertà personale, vengano avviate due inchieste: la prima connessa al procedimento penale instaurato nei riguardi dell’inquisito; la seconda – avviata dall’Amministrazione, non di rado inopportuna, estemporanea o peggio priva di motivazione e quindi verosimilmente illegittima – indirizzata a carico del personale che ha operato. In questo clima di incertezze e disorientamento collettivo in costante crescita, ove le Forze dell’Ordine continuano a svolgere il loro dovere bersagliate da tutti – prive di qualsiasi forma di tutela e retribuite con stipendi da fame – cosa aspetta il Governo a prendere provvedimenti seri e tangibili? Come mai l’industria della sicurezza tanto decantata non riesce ancora a decollare e anzi, al contrario, sembrerebbe quasi destinata a “fallire”?”

Caforio conclude:

“Sin quando la sicurezza del territorio verrà interpretata come un fastidioso costo e non come un investimento redditizio e indifferibile a favore dei cittadini, i fenomeni criminali continueranno ad espandersi infestando le nostre comunità e fuorviando le nuove generazioni, mentre gli ultimi “sbirri” si estingueranno per sempre”.

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