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Natale e i congiunti fuori Comune, i paradossi del nuovo Decreto

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Due persone che indossano la mascherina per proteggersi dal COVID

Torna e si fa sempre più ingombrante quel termine – tanto discusso e al centro di polemiche mesi fa – e che tutti noi pensavamo esserci lasciati alle spalle. Una volta per tutte. E invece no, anche ora si continua a parlare di congiunti. Ma non solo di congiunti fuori Regione, anche di affetti ‘stabili’ fuori Comune. Sì, perché nella notte è stato approvato dal Consiglio dei Ministri il nuovo Dpcm e tra le tante misure ci sarebbe anche il divieto di spostamenti tra Comuni il 25-26 dicembre 2020 e il 1 gennaio 2021, se non per necessità. E il problema dei congiunti torna attuale come non mai: gli affetti stabili e i partner non conviventi rientrano nella voce ‘comprovata esigenza/necessità’?. E’ questo quello che in tanti si domandano e che da giorni cercano di darsi una risposta.

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Che il Coronavirus ci abbia stravolto la quotidianità di sempre è fatto noto. Che ci abbia costretto a reinventarci anche. Tra didattica a distanza, smart working e distanze sociali. Il Coronavirus è entrato in punta di piedi nelle nostre vite, ci ha trovato impreparati (per ben due volte), ci ha travolto e si è trascinato con sé tante persone. Ha gelato i rapporti e ha raffreddato la socialità. Ai più giovani ha tolto la possibilità di viaggiare, esplorare, conoscere, progettare un futuro. Ai più anziani non ha concesso le carezze e gli abbracci dei nipoti. Loro, che più di tutti, andavano e vanno tutelati.

Da sempre gli affetti sono stati messi in secondo piano e non se ne è parlato tanto. Non quanto si dovrebbe. Eppure, il senso di abbandono e solitudine c’è ed è comune ai più. Che sarebbe stato un Natale diverso dagli altri questo si sapeva, che non ci fosse stato lo spirito di sempre anche. Ma che venisse tolta la possibilità di trascorrere le feste (con tutte le distanze di sicurezza e precauzioni del caso) con i propri cari, questo nessuno se lo sarebbe immaginato. Affetti con l’unica ‘colpa’ di vivere in Comuni diversi. Figli, genitori, fidanzati a distanza, lontani e separati da un confine che per quei giorni di festa non può essere valicato. Spesso a pochi chilometri l’uno dall’altro, ma con l’impossibilità di ricongiungersi. E se è vero che ci sono Comuni piccoli, divisi solo da una strada, è anche vero che ne esistono altri. E grandi. Basti pensare che solo il Comune di Roma è su un’area di 1.285 km quadrati. Ma lì ci si può spostare, senza divieti. Ed è questo il paradosso che in tanti criticano. Della serie: “Io posso muovermi nell’immenso comune di Roma, ma non posso andare da mia figlia che è a pochissimi chilometri da me”. Ma c’è di più perché i viaggi all’estero sono consentiti, seppur con delle limitazioni, tra quarantena e tamponi. Bisogna ‘espatriare’ per vedere il fidanzato? Dobbiamo partire per stare con i nostri genitori e figli? 

E’ giusto appellarsi al buon senso, ma quando questo sfocia in un ‘no senso’ cosa succede? Succede che ci si trova a fare i conti – tra confusione e disorientamento – con misure che sicuramente tutelano la salute dei cittadini. Ma meno gli affetti. 

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