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Dipendente Cotral (fumatore) muore per tumore al polmone, la Cassazione: “Colpa anche dell’amianto”

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La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dei familiari di un ex dipendente Cotral, ucciso da un cancro al polmone dovuto all’esposizione all’amianto. L’operaio dal 1988 aveva lavorato alle officine di Roma Centocelle di Cotral S.p.A., società di trasporto pubblico del Lazio. Smontava apparecchiature e componenti elettrici contenenti amianto.

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Amianto killer o tumore al polmone?

Era il 1992 quando iniziarono a comparire i primi sintomi del tumore polmonare che ne causerà il decesso nel 1994 a 37 anni. I familiari si sono rivolti all’Osservatorio Nazionale Amianto e al suo presidente, l’avvocato Ezio Bonanni, per ottenere giustizia. Chiamata in giudizio, l’azienda (Cotral) è riuscita a ottenere il rigetto in appello, con la motivazione che il lavoratore fosse fumatore e che il cancro che lo ha ucciso fosse quello del polmone. Nella sentenza infatti si legge: L’attività lavorativa presso Cotral non era in grado di determinare da sola la produzione dell’evento lesivo, non avendo la forza di superare, in termini di efficienza causale, fattori estranei alla causa di servizio, quali la prolungata massiccia dedizione al fumo e lo svolgimento di una precedente attività lavorativa a rischio per un considerevole lasso di tempo.

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte ha annullato invece le precedenti sentenze emesse, negando il diritto al risarcimento degli eredi e ha riaperto il procedimento per non aver riconosciuto il ruolo concausale ad ogni fattore, sia pure in maniera indiretta e remota, all’insorgere o all’aggravamento della patologia. In altre parole, si è ignorato il fatto che l’amianto abbia avuto un ruolo di potenziamento degli effetti cancerogeni attribuiti al solo fumo di sigarette. Infatti, soprattutto per il cancro al polmone il fumo di sigaretta e l’amianto contribuiscono entrambi a causare gravi danni alla salute di coloro che ne sono esposti.

La causa dovrà quindi essere nuovamente discussa in Corte d’appello. Stavolta si dovrà valutare il diritto dei familiari al risarcimento, sia dei danni subiti personalmente sia di quelli sofferti dalla vittima.

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