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Roma, lo zaino rubato localizzato dentro al campo rom, ma nessuno può intervenire: “Siamo ostaggio di queste realtà surreali”

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Zaino rubato localizzato nel campo rom di Via Candoni

Prima la rabbia di aver subito il furto, poi l’ulteriore beffa di sapere esattamente dove si trovasse lo zaino trafugato senza però che nessuno potesse intervenire. Di storie come quella di Luca, che abbiamo contattato telefonicamente, purtroppo, ce ne sono tante e coinvolgono non di rado i campi rom sparsi qua e là per la Capitale. Ma nonostante la tecnologia venga in soccorso degli utenti, segnalando, fin quando non viene disattivata, la geolocalizzazione mediante GPS, lo stesso non si può dire della Legge e della Giustizia che, di fatto, lasciano impuniti i malviventi dato che poi gli oggetti rubati, spesso, non si possono comunque recuperare.

Lo zaino rubato in Largo Bruno Baldinotti

L’ultimo caso ce lo racconta Luca. Nel weekend appena trascorso, sabato sera per la precisione, aveva accompagnato la mamma a Roma al Teatro dell’Opera a Caracalla. Quando tornano a prendere l’auto però l’amara sorpresa: “Abbiamo trovato il finestrino rotto dell’auto ma non solo della mia, anche di altre auto posteggiate nella zona”, ci racconta. “All’inizio ho pensato al gesto di qualche vandalo ma subito ci siamo accorti che, purtroppo, non era così”.

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Nell’auto infatti Luca aveva riposto uno zaino con all’interno uno smartwatch. Sparito. “All’interno c’erano alcuni vestiti e per l’appunto il mio Apple Watch che erano svaniti nel nulla“, prosegue. Il danno subito è ingente poiché oltre al valore di quanto rubato c’è da aggiungere il costo per la riparazione del finestrino. Ma la storia non finisce qui.

Apple Watch localizzato nel campo nomadi di Via Candoni

A quel punto Luca decide subito di disattivare la carta di credito tramite la quale si può accedere mediante lo smartwatch, un modello Apple. “Mi accorgo allora che i ladri non avevano spento l’orologio e tramite l’applicazione dedicata vedo dove è localizzato“, ci spiega. 

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Arriva la Polizia

Le coordinate sono chiare: Via Candoni 80. Luca non conosce la zona e non sa che lì è situato uno dei campi rom più grandi di Roma. Sul posto arriva lui insieme alla Polizia allertata nel frattempo. Purtroppo però nell’area, quella del campo nomadi, vivono oltre 800 persone, un dedalo di spazzatura, degrado e container – gli stessi che si possono trovare negli altri campi, come a Castel Romano tanto per fare un esempio – nel quale è arduo avventurarsi. Qui non ci si fa scrupoli a prendere a sassate i mezzi Atac o a sparargli addosso con i piombini, tanto per rendere l’idea della zona. 

Luca comunque non si dà per vinto e prova anche con la funzione “fai suonare”, la quale permette di far squillare l’apple watch, mentre i poliziotti perlustrano l’area. Le ricerche danno però esito negativo. 

“Noi cittadini vittime di queste realtà surreali”

Eppure il GPS non sbaglia, l’orologio è dentro alla baraccopoli seppur nascosto chissà dove. Ed è proprio qui che la nostra Legge va in tilt. Invece di tutelare le vittime, tutela i “carnefici”. Per perquisire le baracche serve un mandato ma soprattutto un personale maggiore di quello di una sola Volante. Quindi il caso si chiude qui. Una situazione svilente per tutti, per i cittadini derubati e beffati, ma anche per le stesse forze dell’ordine che non vengono messe in condizione di poter intervenire in questi casi.

“E’ surreale constatare come le autorità non dispongano di strumenti idonei per far fronte a queste vicende, questa è la cosa che fa più rabbia. Chi vive in questi campi non teme nulla, tanto meno l’illegalità. In questa specie di “fortezze” in cui si rifugiano, strapieni di rifiuti e degrado, si sentono inavvicinabili. E a noi cosa resta? Niente. Soltanto un simbolo GPS su una mappa del telefonino per un nostro oggetto, rubato con efferatezza, che non rivedremo mai più”, conclude amaro Luca.

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