Home » Ultime Notizie » Stuprata da un infermiere all’Umberto I, il racconto della vittima: “Ha finito di violentarmi ed è tornato a lavorare tranquillo”

Stuprata da un infermiere all’Umberto I, il racconto della vittima: “Ha finito di violentarmi ed è tornato a lavorare tranquillo”

Pubblicato il
Aggressione Umberto I

Roma. Un orrore inenarrabile, avvenuto in luogo in cui, nell’immaginario comune, normalmente, ci si sente al sicuro. La storia agghiacciante che vi abbiamo già raccontato venerdì scorso, ora, assume dei tratti ancora più terrificanti, stando ai particolari raccontati dalla vittima in persona, intervista di recente ai microfoni di Repubblica, e di cui vogliamo riportarvi qualche estratto nel seguente articolo. Parliamo del caso della stagista 20enne che all’alba di 3 giorni fa, si era presentata al pronto soccorso del Policlinico Umberto I, denunciando di aver subito uno stupro violento dentro le mura dell’ospedale, di notte. L’episodio è di una gravità sconcertante e non ha mancato di sotterrare gli animi dell’intera comunità ospedaliera. La violenza sessuale si sarebbe consumata, stando al racconto della 20enne, di notte: con una scusa banale un infermiere l’avrebbe condotta in uno sgabuzzino dell’ospedale, e lì, chiusa a chiave la porta, avrebbe abusato di lei. 

Roma, orrore in ospedale: stagista 20enne stuprata da un infermiere all’Umberto I

Il racconto agghiacciante della stagista 20enne

Ora, la ragazza ha trovato il coraggio di aggiungere qualche altro dettaglio alla tremenda vicenda che l’ha colpita, e scopriamo che quell’infermiere di 55 anni, non era un personaggio qualunque, ma gli era stato assegnato addirittura come tutor, motivo in più per fidarsi di lui: ”Quell’infermiere non era solo un futuro collega più esperto. Era stato indicato come mio tutore durante la pratica universitaria. Io durante ogni turno stavo accanto a lui per imparare, facevo quello che mi diceva”. Poi, quella terribile sera, intorno alle 23.30, l’infermiere decide di mettere in atto il suo piano: “Stavamo facendo un giro pazienti, a un certo punto, verso le 23,30, mi ha detto: ‘Marta, seguimi, dobbiamo andare di là a cambiare la flebo a un paziente'”. Il tirocinio, la confidenza creatasi, e forse anche la stima professionale, hanno fatto in modo che la ragazza si fidasse. E del resto cosa si poteva sospettare in un ospedale, in pieno turno di lavoro? L’ha portata in una stanza molto piccola, isolata da tutto il resto, angusta, stretta, dove nessuno avrebbe potuto sentirla: “Ho urlato quando mi ha spinta sulla lettiga, ma non è venuto nessuno. Perché lì nessuno poteva sentirmi, lui lo sapeva”.

Roma, droga dello stupro: arrestato per spaccio neurologo del San Camillo

”Dopo la violenza, è tornato a lavorare tranquillo”

La ragazza non riesce a liberarsi in nessun modo, e l’uomo può tranquillamente terminare il suo orribile gesto, e poi alla fine di tutto: “Ormai aveva già fatto tutto, io ero disperata, mi sentivo male. Lui non mi ha lasciato andare via. Non voleva che chiamassi i soccorsi. Allora mi sono inventata una scusa, gli ho detto che sarei tornata e sono scappata”. E, infine, forse il particolare più agghiacciante di tutta questa vicenda: l’uomo non è fuggito, non ha fatto nulla se non ritornare tranquillamente al suo lavoro, come se nulla fosse accaduto, come dichiarato nell’intervista dalla stesa vittima: “No, da quello che so io la polizia l’ha trovato in reparto, stava lavorando come se nulla fosse successo. L’hanno portato via e denunciato. Hanno sequestrato il lenzuolo che copriva la lettiga per fare l’esame del Dna, spero concludano le indagini in fretta e che lo arrestino”.

Impostazioni privacy