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Roma, bracconieri all’Insugherata: ‘Sciacalli e untori’, la denuncia degli attivisti

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cinghiale ucciso dai bracconieri

Non è difficile sorprenderli all’alba mentre salgono sulle loro station wagon ben equipaggiati nelle tute mimetiche, sacche e sacchetti per la raccolta dei bossoli, carabine accuratamente riposte nelle loro custodie. Da Roma Monte Mario al borgo di Sant’Andrea – Ipogeo degli Ottavi – l’area che circonda la riserva naturale dell’Insugherata pullula di bracconieri.

Il bracconaggio è un reato che si configura nel momento in cui si vada a caccia muniti di fucile, senza detenere un regolare porto d’armi; oppure si eserciti questo “sport” in una zona protettaCosì recita la legge che regola la caccia, la 157 del ‘92 e che prevede degli obblighi da rispettare con tanto di sanzioni per chi li viola. In certuni casi, al reato di bracconaggio si somma anche quello di furto, poiché la fauna selvatica è considerata proprietà dello Stato.

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Bracconieri all’Insugherata

Succede ugualmente, in barba alla legge. Ed è accaduto anche ieri sera, nonostante il divieto chiaramente espresso nell’ordinanza di cacciare e sparare nella zona rossa. Cacciatori e bracconieri non si sono lasciati sfuggire l’occasione di portare a casa il loro prezioso bottino per farne ragù e salsicce.

La fotocamera del cellulare di alcuni attivisti che perlustravano la zona però li ha incastrati. L’immagine del malcapitato cinghiale di turno impallinato dalle carabine dei cacciatori di frodo e adagiato sul retro di una jeep, ha iniziato a girare in rete ed è già diventata virale. E finirà sulla scrivania dei Carabinieri Forestali insieme ad un argomentato e documentato dossier.

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L’avviso

Si avvisano tutti i bracconieri di Roma Nord, nel caso non fossero informati, che siamo in emergenza sanitaria dovuta a Peste Suina africana – il monito è comparso questa mattina insieme alla foto dell’ungulato ucciso sulla pagina Facebook di The seven wild boars movement, tra i più assidui attivisti nella zona – Si avvisano lor signori che l’attività da loro appassionatamente svolta, oltre a non essere minimamente legittima, rischia di veicolare il #VIRUS sopra menzionato non solo sul territorio laziale ma anche a livello nazionale.

Si avvisano i bracconieri, così socialmente strutturati, forti e coesi –  incalzano gli autori del post  – con tanto di taciti (e potenti) appoggi nel loro perseverare nella illegittimità, che sono degli ‘#UNTORI’ di epidemia e di creare un danno economico inquantificabile, a maggior ragione poiché il virus della Peste Suina Africana si è diffuso in piena Roma, Riserva dell’Insugherata, senza lasciare alcuna traccia di sé nelle regioni antistanti.

Si avvisano i #BRACCONIERI di #ROMANORD che sappiamo chi sono. Sappiamo anche di ‘manovalanza’ del vostro agire con radici estere”.

Il post

Ma c’è anche chi alla rabbia sostituisce il dolore, argomentando le proprie motivazioni attraverso lo strumento della cultura.

Da sempre il cinghiale è entrato nell’immaginario sacro e profano di tantissime civiltà (…) Nelle legioni degli antichi romani – si legge questa mattina in un post di I.D. – veniva riprodotto sugli scudi come simbolo di coraggio indomabile (…)

Io sono da sempre nelle loro terre e non è giusto, non è giusto che gentaglia viziosa e corrotta priva di etica si permetta di ucciderli (…). Questo dolore è enorme e ingiustificabile – conclude l’autrice del post, proprietaria di un piccolo “santuario” per gli animali in difficoltà – e spero con tutto il mio essere che tanto tormento torni ai responsabili di questo inammissibile e intollerabile scempio”.

Rosanna Sabella

(Foto Facebook The seven wild boars movement)

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