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Pomezia, polizza fidejussoria su Parco della Minerva: spesi dal Comune oltre 100.000 euro per una causa “sbagliata” (e i soldi potevano essere già in cassa)

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parco della minerva

Continuiamo a parlare della vicenda del Parco della Minerva, il quartiere “fantasma” mai terminato nel quadrante sud della città di Pomezia legato al crack dell’imprenditore Raffaele Di Mario. Nello scorso numero vi abbiamo raccontato le vicende dei promissari acquirenti i quali, nonostante numerose difficoltà e con contenziosi legali durati anni, erano riusciti a riottenere le caparre versate per le abitazioni all’epoca comprate su carta ma mai ultimate. Non solo.

Dall’attuale Sindaco di Pomezia Adriano Zuccalà, in merito ad un possibile futuro recupero dell’area, avevamo inoltre appreso che parte degli immobili sono stati già venduti all’asta e che quindi a breve potrebbero esserci importanti novità circa il completamento del quartiere. Quartiere che è già dotato, lo ricordiamo, di tutta una serie di servizi quali strade, marciapiedi, rotonde, e illuminazione. Ma oltre a tutto questo c’è un altro capitolo che merita un ulteriore approfondimento: si tratta della vicenda della polizza fidejussoria dal valore di 16 milioni di euro legata alla mancata realizzazione di tutte le opere di urbanizzazione previste dalla convenzione originaria.

Da Il Corriere della Città – Luglio 2021

La nostra inchiesta: i soldi potevano già essere nelle casse comunali

Tutto nasce da un annuncio fatto dal precedente Sindaco di Pomezia Fabio Fucci che a febbraio 2018 comunicava alla città l’imminente arrivo di questa importante somma di denaro. In realtà oggi scopriamo, parola in questo caso del nuovo Primo Cittadino succeduto proprio all’oggi Consigliere leghista, che non solo i soldi non sono arrivati nelle casse comunali ma che in realtà non si parla affatto di 16 milioni di euro. A tale cifra ci sono infatti da sottrarre le opere di urbanizzazione – che non sono poche come vedremo – già realizzate. Il problema è però che, in questi anni, precisamente dal 2016, sono stati spesi soldi pubblici per affrontare cause in Tribunale nel tentativo di recuperare l’intero importo della polizza facendo così lievitare il costo delle spese legali.

Ma perché non si è proceduto diversamente? Interpellando vari esperti su questi temi, è emerso infatti che se l’Ente avesse richiesto l’esatto importo della polizza fidejussoria, ovvero i 16 milioni meno le opere già fatte, tale cifra sarebbe stata accreditata immediatamente da parte dell’assicurazione e senza probabilmente nemmeno bisogno di ricorrere al Giudice. E, aggiungiamo, gli Uffici non potevano non essere al corrente di quanto effettivamente realizzato proprio in termini di opere di urbanizzazione dato che queste ultime erano legate ad ogni singolo permesso a costruire rilasciato. Tirando le somme quindi, la città in questi anni non solo non ha ricevuto un centesimo ma ha anche sostenuto delle cospicue spese legali in una battaglia giudiziaria “sbagliata”. Insomma, una doppia beffa per i cittadini che ricorda da vicino – anche se a cifre decisamente più basse – quanto accaduto qualche anno fa con il ricorso gerarchico (dichiarato inammissibile) presentato dal Comune di Pomezia nella vicenda del Vincolo Mibact: in quel caso vennero spesi 12.500 euro per un atto che non si poteva fare.

La cronistoria

Ma andiamo con ordine. E’ il 21 giugno 2016 quando l’allora Dirigente all’Urbanistica invia una lettera di diffida alla Parsitalia Real Estate, società con cui 10 anni prima il Comune di Pomezia aveva stipulato la convenzione relativa ai “comprensori P12, P13 P14 a Casale della Crocetta Selva Piana”, quello a tutti noto come il quartiere “Parco della Minerva”. Si legge nel documento: «A garanzia dell’esatta e piena esecuzione dei lavori e delle opere oggetto dei Piani di lottizzazione sopra citati, Parsitalia costruzioni, in qualità di Concessionario, ha costituito apposita polizza fidejussoria decennale per un importo di 16.352.404,59 euro rilasciata da Assicurazioni Generali S.p.A. con scadenza 30/06/2016». A questo punto si inserisce un passaggio importante: nel 2008 infatti il Consorzio Unitario la Sughereta, altra controparte nella vicenda, aveva già chiesto “lo svincolo parziale della sopra citata polizza fidejussoria” ma l’atto – finito in una proposta di delibera avente per oggetto proprio la riduzione della suddetta polizza (evidentemente perché parte delle opere di urbanizzazione era già stata realizzata) – non fu mai deliberato dalla Giunta Comunale.

Per il Dirigente dunque non ci sono dubbi: «Tenuto conto che alla data odierna non è stato adempiuto quanto espressamente previsto nella convenzione […] giacché non risulta effettuata la consegna della restante quota delle opere di urbanizzazione nei termini e nelle modalità prescritte agli articoli 11 e 12 delle Convenzioni, è intenzione dichiarare la decadenza per le parti non eseguite». In pratica, dato che il Privato non aveva rispettato l’accordo tra le parti il Comune manifestò l’intenzione di “procedere all’escussione della garanzia fideiussoria per la somma di 16 milioni acquisendo altresì la piena proprietà e disponibilità delle opere, manufatti e impianti e di ogni altra proprietà così come previsto nelle Convenzioni […]”.

Logicamente parlando resta tuttavia difficile da capire, malgrado il Dirigente citi espressamente due articoli specifici della Convenzione, come possa aver fatto l’Assicurazione a garantire un simile passaggio, se anche un solo euro di mancata realizzazione delle opere di urbanizzazione avrebbe poi fatto scattare l’intero versamento della polizza. Inoltre nella citata convenzione l’articolo 15 prevedeva comunque la riduzione dell’importo della fideiussione in base alle opere eseguite. Ma ad ogni modo è qui che inizia il contenzioso legale.

Iniziano le ingenti spese legali: causa affidata a Leoncilli

Siamo al 2017. Piazza Indipendenza intenta causa contro il Consorzio Unitario la Sughereta e l’Assicurazione Generali ma il Tribunale, non è ancora chiaro ad oggi per quale motivo, inizialmente emette un decreto ingiuntivo soltanto avverso il Consorzio. Serve dunque un ulteriore atto da parte del Comune – che arriva sempre lo stesso anno – che agisce quindi anche contro l’Assicurazione coinvolta. La cifra oggetto del contenzioso, è un passaggio dirimente, è sempre la stessa: gli ormai famosi 16 milioni di euro. Entrambe le controparti tuttavia decidono di opporsi (il procedimento contro il Consorzio – RG 6535/2017 – peraltro è ancora in corso con prossima udienza fissata il 23 settembre, ndr) e il Comune è costretto così a costituirsi in Giudizio. A rappresentare l’Ente è l’Avvocato Luigi Leoncilli, nome noto alle cronache pometine degli ultimi anni per i numerosi incarichi ricevuti dal Comune: in questo caso la doppia determina di impegno di spesa per i relativi procedimenti legali sfiora i 100.000 euro (Det. Dirigenziale 1690/2017 importo 46.945,00 e la numero 882/2018 dall’importo di 45.844,28). In sede di opposizione tuttavia il Giudice decide di riunire la causa anche se ormai la doppia spesa da parte del Comune è già stata sostenuta.

L’apparente svolta: il Tribunale emette un decreto provvisoriamente esecutivo

Passano i mesi e arriviamo così al 27 febbraio 2018, altra data spartiacque nella vicenda. Quel giorno infatti il Tribunale di Velletri emette un decreto provvisoriamente esecutivo contro l’Assicurazione Generali e la decisione viene notificata al Comune di Pomezia. L’allora Sindaco Fabio Fucci coglie la palla al balzo e annuncia, sulla scorta della decisione del Giudice, “l’imminente arrivo dei 16 milioni di euro per la città” organizzando inoltre un incontro pubblico con i residenti per programmare il futuro della zona. Il successivo 4 aprile arriva l’opposizione da parte dell’Assicurazione all’ingiunzione di pagamento.

E’ qui che si registra una nuova svolta nella vicenda. Notate bene: a seguito di questo atto, che ai più, compreso chi scrive, sembrerà “scontato”, il 14 giugno il Tribunale, senza sentire le parti e fuori udienza, revoca la provvisoria esecutività del Decreto Ingiuntivo. Secondo un esperto legale da noi interpellato si tratta di un passaggio “eccezionale” che “quasi mai avviene in questo tipo di contenziosi”. Difficilmente infatti un Giudice revoca un decreto provvisoriamente esecutivo e comunque non con queste modalità, peraltro senza nemmeno audire le parti in causa. Da ciò si deduce che, evidentemente, l’opposizione presentata dalla controparte era fondata a tal punto da bloccare l’ingiunzione di pagamento. Di questo ovviamente non se ne è saputo nulla se non il mese scorso grazie alla nostra intervista con l’attuale Sindaco di Pomezia (ma ci torneremo tra poco).

Ancora soldi

Ebbene il 28 giugno 2018, come “se nulla fosse” verrebbe da dire e nel pieno delle elezioni Amministrative, viene firmata una nuova Determina Dirigenziale (la 863/2018) con la quale si dà nuovamente mandato a Leoncilli per la rappresentanza dell’Ente “nella procedura esecutiva mobiliare da promuovere nei confronti della società Generali Italia” e – attenzione a questo passaggio – per “eventuali accordi transattivi e/o conciliativi”. Importo circa 20.000 euro.

In merito al secondo passaggio è degno di nota constatare come lo stesso Avvocato, in data 13 giugno, ovvero un giorno prima della revoca della provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo, abbia allegato una nota a parte nel preventivo (una sorta di “paracadute”?) per le attività da svolgere evidenziando che “la parte variabile del compenso, relativa ad eventuali ed aggiuntive attività che esulano dalla cd. fase esecutiva (eventuali accordi transattivi e/o conciliativi sottoscritti con l’Assicurazione), […] viene quantificata nella percentuale del 5% da calcolarsi sulle somme che verranno corrisposte da controparte in via transattiva […] effettivamente introitate dall’Ente”. Ma che senso avrebbe avuto anche solo considerare la possibilità da parte del Comune di Pomezia di un eventuale “accordo transattivo e/o conciliativo” con l’Assicurazione se si era certi di incassare l’intero importo della polizza? Non solo.

L’azione stessa intentata dall’Ente, così come configurata nella Det. 863 sopracitata, risulterebbe alla luce dei fatti “non ammissibile” proprio perché il Giudice aveva già revocato la provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo, notizia che ovviamente gli Uffici – e lo stesso Avvocato – non potevano non sapere. E allora perché si è andati avanti lo stesso spendendo ulteriori 20mila euro? Su queste somme peraltro abbiamo raccolto un altro parere scoprendo che, a prescindere, la parcella richiesta risulterebbe comunque troppo alta rispetto al disciplinare sulle “liquidazioni giudiziali e il relativo compenso agli Avvocati in ambito civile” nei casi di esecuzioni mobiliari. Apprendiamo infatti che “per una causa da 16 milioni fino a 32 il compenso tabellare (valori medi) si aggirerebbe intorno ai 16.000 euro, importo tuttavia da abbattere del 50%”; senza contare inoltre che, nel caso specifico di Leoncilli, è stata aggiunta a prescindere “un’ulteriore clausola del 5% non prevista anche qui dal disciplinare considerando che in fase di un’eventuale conciliazione all’Avvocato non spettano compensi aggiuntivi in più rispetto alla parcella concordata”.

La doppia beffa alla città: spese legali (che si potevano evitare) e il mancato incasso della polizza

A conti fatti il danno subito dai cittadini di Pomezia – perché sempre di soldi pubblici parliamo – è evidente. Da un lato il Comune, malgrado tutte le evidenze sembrassero contrarie, ha scelto di tirare dritto puntando a recuperare l’intero importo della polizza richiamando il mancato rispetto della convenzione. Ma, trattandosi di una polizza fideiussoria (cioè una garanzia) e non, ad esempio di una penale, resta da capire perché l’Ente abbia a tutti i costi voluto intraprendere ostinatamente questa strada. Che le opere di urbanizzazione fossero state realizzate del resto, a parte essere sotto agli occhi di tutti, era chiaro per forza al Comune ma ciò nonostante si è preferito fondare la propria azione su altri presupposti. Che a qualcuno dunque possa essere stato di beneficio portare avanti una causa dall’importo così alto?

Di certo c’è che oggi, a distanza di anni, sappiamo con certezza che il percorso intrapreso è stato quello sbagliato e questo, riassumendo, almeno per tre motivi: il primo è che il Tribunale ha revocato la provvisoria esecutività del Decreto e dunque un minimo di fondatezza nell’opposizione da parte dell’Assicurazione Generali deve pur esserci stato; il secondo motivo è che alla fine è stato dato mandato all’Avvocato di poter, eventualmente, conciliare a somme più basse ma perché mai se il Comune era sicuro di poter rientrare dell’intera polizza? In ultimo, ma certamente è la motivazione più importante, ci sono le parole dell’attuale Sindaco di Pomezia Adriano Zuccalà che ai nostri microfoni ha ammesso:

«Rapportandoci con trasparenza alla cittadinanza – ha dichiarato il primo cittadino nemmeno un mese fa – attualmente è in corso un contenzioso tra il Consorzio Unitario la Sughereta con l’assicurazione Generali Italia S.p.A e il Comune di Pomezia per la definizione di quanto dovuto all’Ente. Un commissario tecnico terzo ha quantificato le opere di urbanizzazione realizzate fino ad oggi, queste dovranno essere scomputate dai 16 milioni della polizza e ad oggi siamo in attesa che la questione venga dibattuta nell’aula di tribunale. Appena avremo aggiornamenti sul tema li condivideremo prontamente con la cittadinanza».

Ma quanto spetterà effettivamente al Comune? Stando ad una stima, molto al ribasso precisiamo, almeno il 60% delle opere di urbanizzazione sarebbe già stata realizzata e già questo dimezzerebbe di per sé gli importi nella vicenda; di conseguenza infatti, anche di fronte ad un eventuale contenzioso legale, sicuramente le somme richieste dall’Avvocato sarebbero state decisamente più basse. Chiudendo il cerchio dunque, anche a costo di sembrare ripetitivi, ribadiamo che se il Comune avesse agito diversamente, cercando di recuperare gli importi effettivi della polizza, oggi quelle somme sarebbero già state versate nelle casse comunali, pronte per essere utilizzate per la collettività. Ma soprattutto non si sarebbero spesi oltre 100.000 euro (se non di più) per una causa trascinata per anni che non si sarebbe mai potuta vincere.

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