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Guerra in Ucraina, arriva l’allarme dell’Onu: ”Stiamo rischiando una carestia mondiale”. Ecco perché

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Prove di guerra a Sabaudia

Guerra in Ucraina. Dopo oltre due anni di pandemia e crisi finanziarie, riorganizzazioni, chiusure e stravolgimenti sociali, è arrivata, già da qualche tempo in realtà, un’altra sfida per l’Italia e l’Europa tutta: la guerra in Ucraina e la conseguente emergenza energetica che sta portando con sé dopo svarianti giorni di conflitto.

Da blitzkrieg a guerra di logoramento

Un conflitto che è già inoltrato e non ne vuol sapere di risolversi in tempi rapidi. Quella che nei sogni putiniani doveva essere un blitzkrieg alla vecchia maniera, si sta pian piano trasformando in realtà in una vera e propria guerra di logoramento, certo fomentata anche dall’invio delle nostre armi sul fronte ucraino.

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Gli effetti globali del conflitto in Ucraina

Una guerra, però, che non si limita a devastare i territori e la popolazione coinvolta. I suoi effetti hanno una portata che è già globale, poiché in grado di generare una vera e propria carestia ad ampio spettro a causa dei blocchi di rifornimenti nei porti locali. Come vedremo, infatti, l’Ucraina è uno dei principali fornitori mondiali di grano, orzo e olio di girasole.

E mentre per alcuni Paesi tali blocchi significano solamente aumento dei prezzi e tagli, per altri, invece, la minaccia è più severa. Parliamo, ovviamente, di Paesi che dipendono in gran parte da queste esportazioni. Per questo, e altre più esplicite motivazioni, l’ONU chiede a gran voce la riapertura dei porti ucraini; in gioco ci sarebbe la sicurezza alimentare dell’intero Pianeta.

Il problema del grano fermo nei porti

La questione è estremamente delicata: l’appello arriva direttamente dalla più grande organizzazione umanitaria che lotta contro il flagello della fame, ovvero il «Programma alimentare mondiale» (Pam), che pone l’accento sulla riapertura degli attacchi russi sulla zona del porto di Odessa. Di fatto, stando a quanto sottoscritto anche dalla FAO, con stime accurate sul tema, ci sarebbero ben 25 milioni di tonnellate di grano bloccate da settimane negli impianti di stoccaggio del Paese.

L’allarme arriva dall’Onu

Si tratta di una denuncia aperta e diretta, incitata anche dal funzionario delle Nazioni Unite Martin Frick e che punta il tutto per tutto sulla riapertura delle forniture alimentari dal porto ucraino verso altre nazioni. Purtroppo il porto in questione è un punto ritenuto altamente ”strategico” per Putin, che non ne vuol sapere di allentare la sua presa. Da qualche tempo, qui, sono iniziati nuovamente gli attacchi e i bombardamenti. 

Una geopolitica del grano, dunque, che sta diventando una questione sempre più impellente e necessaria da affrontare. In ballo c’è il collasso della catena di approvvigionamento per USA e, soprattutto, Europa, che dovranno ora capire come sopperire alla deprivazione di questa importante materia prima di cui l’Ucraina era uno dei principali fornitori. 

Ucraina, tra primi esportatori al mondo

Le dichiarazioni, poi, del viceministro ucraino della Politica agraria e dell’alimentazione Taras Vysotsky, sono abbastanza eloquenti: il blocco causato dalle navi da guerra russe dei principali porti marittimi ucraini di Odessa e Mykolayiv ha causato inevitabilmente un calo delle esportazioni di prodotti agricoli dall’Ucraina pari al 15-20% circa. E, poiché nessun Paese ormai è svincolato dalla rete fittissima di rapporti ed interrelazioni globali, ecco che allora che questa ”mancanza” non mancherà, appunto, di generare a valanga una serie di effetti in tutto il mondo. 

Non solo inflazione

Di qualche tempo fa, ad esempio, è un articolo del Sole24Ore che dimostra quanto l’Italia stia risentendo, almeno per il momento, di questa chiusura dei porti: circa il 5% del suo fabbisogno. Tuttavia, altri Paese, come ad esempio quelli del Medio Oriente e del Nord Africa, sono ancora più sensibili da questo punto di vista. Se la situazione di stallo dovesse protrarsi per ulteriori sei mesi, allora, dichiara ancora Vysotsky, “i Paesi di queste regioni saranno in uno stato di oggettiva carestia”.

La richiesta del direttore esecutivo World Food Programme

Lo stato di allerta per la questione è confermato anche dalle preoccupazioni di David Beasley, ex Governatore della Caroline del Sud e ora direttore esecutivo del World Food Programme, il quale ha recentemente dichiarato: “Centinaia di milioni di persone dipendono da questi approvvigionamenti pertanto chiedo a tutte le parti interessate di permettere a questi alimenti di lasciare l’Ucraina per essere avviati là dove sono disperatamente necessari.” 

Qualche numero sui rifornimenti

Non è di certo una novità che il grado di concentrazione dell’offerta mondiale di grano gravi sui Paesi del Mar Nero, quali Kazakistan, Russia e Ucraina. Il conflitto, in quei territorio rischia di generare problemi di approvvigionamento che potrebbero essere in grado di mettere in ginocchio interi Paesi. Come ha detto anche Vysotsky l’Ucraina ha ”fornito il 10% delle esportazioni mondiali di grano, oltre il 15-20% di orzo, oltre il 50% di olio di girasole. L’Ucraina ha esportato in media 50 milioni di tonnellate di prodotti agricoli. In anni record, questa cifra ha raggiunto anche 65 milioni tonnellate”.

Anche perché, a voler essere realisti, intraprendere la via della diversificazione delle fonti di rifornimento, come nel caso del gas, non è assolutamente semplice. Anzi, è una sfida ancor più ardua da superare e di certo non può avvenire in quel poco tempo che ci separa da una imminente rischio carestia. 

 

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