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Bonus Maroni in busta paga, aumento per chi non va in pensione: a chi spetta

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Aumento busta paga

È stato introdotto il bonus Maroni nella legge di Bilancio 2023, una misura che nasce dalla riforma del 2004 redatta proprio dall’allora ministro del Welfare, Roberto Maroni, morto ieri 22 novembre 2022. La manovra introduce la possibilità del pensionamento anticipato, Quota 103, ma prevede anche un incentivo per i lavoratori che possono andare in pensione ma decidono di restare a lavoro, per questi ultimi si prevede un aumento di stipendio del 10%.

L’idea di ritardare la pensione

L’idea era quella di posticipare la pensione, ma Maroni lo aveva introdotto solo dal 2004 al 2007. Un mezzo per ritardare il pensionamento e ridurre così la spesa pensionistica. Prima di vedere come verrà definita questa misura analizziamo come è stata concepita nel progetto originario e come è stata applicata.

Nasce come incentivo per ritardare la pensione nonostante si raggiunga l’età e i contributi per poter accedere alla pensione, prevede un taglio del cuneo fiscale del 10%. Lo stipendio lordo del lavoratore resta lo stesso, ma aumenta il netto. Si tratta di una scelta che deve fare il lavoratore che una volta raggiunti i requisiti per accedere alla pensione deciderà se continuare a versare i contributi così da arrivare a un importo pensionistico futuro superiore o se godere del bonus Maroni con cui congela la pensiona, beneficiando, però, della decontribuzione in busta paga. In questo caso però pur ricevendo in busta paga la somma dei contributi non versati all’Inps, non avrebbe poi beneficiato in futuro di un aumento della pensione.

Chi ha diritto al bonus Maroni

Ad avere diritto al bonus Maroni sono coloro che hanno raggiunto i requisiti per la pensione, ma decidono di continuare a lavorare. Una possibilità che quando fu emanata la misura era riservata solo ai dipendenti di imprese private e agli iscritti alle casse professionali private.

La misura prevede un incremento dello stipendio di poco meno del 10%. Con questo bonus non verranno versati i contributi, ma solo nella parte che fa capo al lavoratore. Lo stipendio dovrebbe, quindi, aumentare del 9,19%. Volendo fare un esempio su uno stipendio di 2.500 euro l’aumento è pari a 229,75 euro al mese.

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