Home » Inchieste e Approfondimenti » Usura ad Ardea e Pomezia, interessi fino al 400%: il racconto delle vittime delle ‘coppie diaboliche’ di strozzini

Usura ad Ardea e Pomezia, interessi fino al 400%: il racconto delle vittime delle ‘coppie diaboliche’ di strozzini

Pubblicato il
Come funziona il bonus da 500 euro per i nati 2004?

Interessi che sfioravano il 400%. A pagarli commercianti, artigiani, pensionati e disoccupati – alcuni con fruitori del reddito di cittadinanza – di Ardea, finiti nella rete degli usurai. E non strozzini qualsiasi. Loro, due coppie di coniugi, da anni avevano creato un fitto giro di usura, legato anche allo spaccio di sostanze stupefacenti, che aveva trovato numerose vittime nel Comune rutulo. Come Alessandro, Vittorio, Corrado, Federica, Deborah, Teresa, Benedetta e suo padre Gianni, Sandro, oppure Mario, (nomi di fantasia, ndr). O come il pometino Mauro (nome di fantasia, ndr).Tutti costretti a pagare rate talmente alte da dover chiedere ogni volta nuovi prestiti. E, quando qualcuno saltava un pagamento, ecco che arrivavano le minacce. “Vedi che devi fa, sennò me tocca passà da te a bottega. Sennò devo fa passà qualcuno: sono guai per me e soprattutto per te. So c..i tua, stasera ce l’hai a casa”.

Le coppie diaboliche

Gli affari erano condotti da Marco B. e Barbara G., marito e moglie. Secondo gli investigatori erano loro gli organizzatori del gruppo criminale. A coadiuvarli, come “mediatori e riscossori”, un’altra coppia di sposi, Daniele D. B. e Gianna B.. Ma, dopo anni di usura, a mettere fine all’incredibile giro creato dai quattro ci hanno pensato i Carabinieri della Compagnia di Velletri, coordinati dalla Procura della Repubblica di Velletri. I militari, il 19 dicembre, hanno arrestato le due coppie, finite in carcere, e altre 4 persone ai domiciliari. Tutti sono accusati, a vario titolo, del delitto di associazione a delinquere finalizzata all’usura e all’estorsione, nonché del delitto di spaccio di sostanze stupefacenti. Altri tre soggetti sono invece stati denunciati. Danile e Gianna, secondo quanto riporta l’ordinanza, provvedevano “materialmente alla contrattazione di nuovi finanziamenti e alla riscossione delle rate mensili dalle vittime”. Ma i protagonisti principali erano appunto Marco e Barbara. Sulle loro carte PostePay risultano movimenti in entrata per ben 363.307,49 euro nel periodo che va dal 2016 al 2021, ma – come scrive il Gip Emiliano Picca – nel periodo che va dal 2016 al 2021, hanno dichiarato redditi “pari a 33.753,00 euro per l’anno 2011 e fino al 2020”.

L’indagine

Gli arresti partono grazie a un’altra indagine, legata al traffico di stupefacenti. I carabinieri scoprono che uno dei componenti della “Banda dei Castelli”, dedita alle rapine e sgominata nel maggio scorso, è invischiato anche nel traffico di stupefacenti ed è pure vittima di usura. Infatti, per pagare la droga, ha dovuto chiedere dei prestiti. Non riuscendo a onorarli a causa dei tassi altissimi, è dovuto ricorrere all’aiuto della moglie, della madre e della zia, anche loro costrette a chiedere prestiti agli stessi usurai, appunto la coppia Marco e Barbara. È dalle intercettazioni del pusher che gli investigatori scoprono il vasto giro di usura, risalendo a 85 vittime tra Ardea, Pomezia, Aprilia, Lanuvio, Velletri, Santa Marinella e Roma. Le vittime si rivolgevano ai quattro arrestati su indicazione di qualcuno di fiducia. E si ritrovavano in trappola.

Le vittime di usura ad Ardea

Ben 11 le vittime ad Ardea. Come mai? Presto detto: la famiglia Brunetti è originaria proprio del posto e sono i parenti di Gianna che fanno da tramite per far ottenere i prestiti alle vittime. Prestiti che non si estinguono mai. Come quello di Alessandro, che dal 2014 paga un debito infinito. E a cui accollano anche rate non sue. “Erano di persone che non avevano pagato, ma siccome le avevo presentate io, pretendevano da me il pagamento. Unica concessione era quella di poter saltare alcune rate, in cambio di una cosiddetta ‘multa’ di 200 euro a fondo perduto”, racconta agli inquirenti. Per indurlo a pagare, arrivavano le minacce. “Mo so c..i tua quanno rientro. Te vengo a pià ndo stai”. E Bottiglieri cerca di spaventarlo recapitandogli anche degli audio da parte di un’altra persona, con accento napoletano, dal tono minaccioso. I messaggi e le telefonate sono sempre atti a spaventare, tanto che più di una volta Alessandro piangendo chiede una dilazione dei pagamenti, per paura di ritorsioni.

La storia di Vittorio

Vittorio chiede un prestito di 3.000 euro. Gliene danno 2.900, perché 100 sono il costo della “pratica”, da pagare subito. Gli fanno firmare una sorta di contratto: 18 rate da 600 euro, per un totale di 10.800 euro. Ma dopo soli 5 mesi, quando comunque ha già pagato 3.000 euro, Vittorio capisce che la rata è troppo alta e non può farcela a sostenere questi costi. Chiede alla coppia di Ardea, Gianna e Daniele, di abbassarla. Il prestito viene rimodulato, con una rata di 350 euro al mese. Ma il totale arriva a 12.600 euro, perché gli interessi nel frattempo sono lievitati. “Nel caso in cui non riuscissi a far fronte al pagamento della rata, che avveniva tra il 30 del mese e il 6 di quello successivo – spiega Vittorio agli inquirenti – mi veniva applicata una sorta di multa pari a 10 euro al giorno, mentre nel caso saltassi completamente il pagamento della rata mi veniva applicata un’altra multa che poteva variare dai 100 ai 200 euro con conseguente allungamento del prestito per il mese saltato”. Se non avesse pagato, avrebbe “avuto a che fare con persone poco raccomandabili provenienti dal napoletano”. “Ciò – riferisce Vittorio – ha creato stato d’ansia e preoccupazione non tanto in me quanto nella mia famiglia”. Eppure, alla domanda precisa: “Intende sporgere denuncia/querela per quanto sopra riferito?”, l’uomo ha risposto di no. Questo nonostante le minacce di morte ricevute e intercettate dagli inquirenti.

La storia di Corrado

Ancora più complicata la storia di Corrado, anche lui di Ardea, che a gennaio del 2018 chiede un prestito di 2.000 euro. Gliene consegnano 1.900, sempre per la storia che la pratica costa 100 euro. Deve pagare 24 rate da 240 euro, per un totale di 5.760 euro. A metà del 2000, quando ha quasi estinto il debito, che avrebbe saldato a fine anno, ha di nuovo bisogno di soldi. Chiede quindi altri 3.000 euro. Gli fanno quindi firmare un nuovo contratto: gli consegnano 2.900 euro (100 sono per l’apertura pratica), lui dovrà restituirne 11.800, suddivisi in 36 rate da 310 euro. Ma c’è una via d’uscita: Corrado può estinguere il debito in un’unica soluzione, ma non prima di un anno e nell’importo che gi verrà comunicato. Però la cosa sembra molto difficile da attuare. Corrado, per riuscire a far fronte alle spese quotidiane e nel frattempo pagare gli strozzini, nell’estate del 2019 ha preso un altro prestito dalla coppia, stavolta a nome della compagna. Ha chiesto 2.000 euro, gliene hanno dati 1.900, ne rivogliono 7.200, in 30 rate da 240 euro al mese. E non finisce qui. Anche la madre di Corrado, anziana e bisognosa di cure, chiede un prestito. Necessita di soldi per pagare le cose essenziali e non sa a chi rivolgersi. E finisce anche lei, come il figlio, nella trappola delle due coppie di strozzini. È sempre Corrado a fare la pratica, attraverso la donna di Ardea: 3.000 euro richiesti, ne vengono consegnati 2.900. Ma ne dovranno restituire 9.600, attraverso 30 rate mensili da 320 euro l’una. I pagamenti avvenivano attraverso ricariche su PostePay, oppure in contanti. Anche Corrado non sporgerà denuncia. “Ho paura di ritosioni”. Ma gli inquirenti hanno registrato le conversazioni tra lui e suoi aguzzini, hanno le prove di quello che è accaduto, perché hanno trovato i file dove venivano riportati i pagamenti effettuati e i relativi nomi.

Teresa, malata di tumore, finita in mano agli strozzini per curarsi

Gli strozzini non si impietosiscono neanche davanti alle situazioni più gravi. Anzi. Ne approfittano. Come nel caso di Teresa, che a causa di un tumore è costretta a rinunciare al suo lavoro per circa un anno. I soldi scarseggiano e per questo, grazie a una collega, nel 2018 entra in contatto con la donna di Ardea, che le fa avere un prestito di 1.000 euro. Lo paga subito, in 12 rate da 120 euro. Ma, visto che la malattia non le dà tregua, tra interventi chirurgici e cicli di chemioterapia, Teresa ha bisogno di altri soldi. Nel 2019 chiede quindi 2.000 euro. Il pagamento viene suddiviso in 18 rate da 240 euro, per un totale di 4.320 euro. Tutto sommato interessi accettabili, per essere degli strozzini. Ma la stangata deve ancora arrivare. Nel 2020, quando mancano 6 rate all’estinzione del debito, Teresa chiede di poter avere altri 1.000 euro. Ha troppe spese, non ce la fa a pagare tutto. “Va bene”, risponde Gianna, che prima deve chiedere l’okay all’altra coppia, che ovviamente arriva. Con rate stratosferiche. “Marco – che non conoscevo di persona – aveva dato il suo assenso all’operazione e all’estinzione del prestito precedente. Notai, con enorme stupore, che la rata era di 450 euro per 12 mesi”, racconta Teresa. Eppure le erano rimaste da pagare solo 6 rate del precedente prestito, che – moltiplicate per 240 euro (già comprensive di interessi) – ammontano a 1.440 euro. Per quei 2.000 euro che le hanno prestato, Teresa ha già pagato 2.880 euro. “Nonostante fossi consapevole degli interessi esorbitanti, decisi di firmare lo stesso il contratto”, rivela la donna agli inquirenti. Gianna, in quell’occasione, suggerisce a Teresa di far subentrare nel finanziamento qualcun altro, a garanzia, dicendo che si tratta solo di un pro-forma. E lei fornisce il nome della suocera. Con enormi sacrifici, Teresa paga i primi 5 mesi, poi capisce di non riuscire a far fronte a una rata così alta. Il prestito viene quindi rimodulato attraverso un nuovo contratto, ripartendo nuovamente con altre 18 rate, suddiviso in due pagamenti da 160 euro, uno a nome di Teresa, l’altro a nome della suocera. Questa soluzione, però, non aiuta Teresa, che si ritrova a dover pagare le famigerate “multe” ogni volta che tarda le rate, senza vedersi scalare le quote.

Pomezia, operaia non riesce a pagare le bollette e finisce in mano all’usuraio: «Il suicidio l’unica soluzione per uscirne»

L’ufficio in macchina

Per i prestiti di “importanti” Marco e Barbara vanno direttamente dai clienti procacciati da Gianna e da suo marito Daniele. E concludono gli affari in auto, trasformata per l’occasione in “ufficio”. Come nel caso di Sandro, commerciante rutulo. “Avevo conosciuto Gianna per un precedente prestito di 3.000 euro, che avevo restituito, 10 anni fa. Poi, circa 4 anni fa, trovandomi in difficoltà con la mia attività, l’ho ricontattata per chiederle un prestito di 15 mila euro”. Ma per una cifra così consistente Gianna deve chiedere a Marco. Viene fissato un appuntamento nel parcheggio di un bar ad Ardea e, nell’auto di Marco, alla presenza di Barbara, Sandro firma. “Era un fuoristrada imponente, all’interno sembrava un ufficio in miniatura. Con un tavolino a scomparsa”. Vengono stabilite 36 rate da 860 euro, per un totale di 30.960 euro. All’inizio Sandro riesce a pagare, grazie al suo lavoro. Ma poi arriva il Covid. La pandemia blocca tutte le attività, non ci sono più clienti e lui ha serie difficoltà a versare le rate. Deve chiudere il negozio. Arrivano le famigerate multe. “Da giugno 2019, data chiusura della mia attività, non avendo più potuto lavorare e non avendo entrate, ho praticamente pagato solo multe, 150 euro al mese, fino a gennaio 2022. A febbraio mi ha contattato Marco per dirmi che potevo non pagare la multa, visto che era un periodo di crisi”. Ma in realtà, l’uomo aveva scoperto che i carabinieri erano sulle sue tracce.

Usura a Pomezia, il dramma di Paolo: «Ho perso una villa da 500mila euro, pagavo lo strozzino 50 euro al giorno»

I soldi per la comunione dei figli

Mario, di Pomezia, chiede un prestito per poter festeggiare la comunione del primo figlio. È il 2019. Ci tiene ad avere un bel ricordo di quel giorno, ma il suo stipendio – è l’unico a lavorare in famiglia – non è sufficiente per coprire le spese. Allora chiede i soldi a Gianna che, dopo l’okay di Marco, gli consegna 1.900 euro, sui 2.000 richiesti. 100 sono il costo della pratica. Marco dovrà restituire 350 euro al mese per 12 mesi, importo totale 4.200 euro. “Alcuni mesi pagavo in ritardo e mi applicavano una multa di circa 70 euro. Inoltre nei mesi in cui non riuscivo a pagare, la rata successiva era maggiorata di 100 o 200 euro. Non so chi facesse questi calcoli, mi limitavo a pagare. So per certo che le mensilità non terminavano nella data prevista. Nel 2021 ho chiesto una rimodulazione del prestito. C’era la comunione del mio secondo figlio, così ho chiesto altri 3.000 euro a Gianna e Daniele. Loro, dopo aver avuto il benestare dei superiori, mi hanno proposto una rata che comprendeva anche il residuo del precedente prestito, non mi ricordo quanto fosse rimasto. 630 euro al mese per 13 mesi, per un totale di 8.190. Loro mi hanno dato 2.900 euro, perché 100 erano per l’istruzione pratica”. Ma Mario già dopo i primi mesi non riesce a stare dietro a rate così alte. E a ottobre Gianna lo avverte: gli avrebbero fatto, visto il ritardo, una multa di 250 euro, che doveva assolutamente pagare. L’uomo si spaventa, perché Gianna lo informa che chi non paga la multa riceve la visita di alcune persone provenienti da Napoli. A novembre salda con un leggero ritardo, che gli costa una multa di 70 euro. E a dicembre versa su una ricarica PostePay la rata, per un totale di 3.540 euro. Ma capisce che così non può andare avanti. Deve assolutamente abbassare il costo della rata. Chiama nuovamente Gianna, la quale gli fa firmare un nuovo contratto. 24 rate da 450 euro. Gli dà anche 900 euro, ma ne deve restituire 10.800. Però di questi soldi Mario versa solo la rata di gennaio. A febbraio, infatti, Daniele lo chiama, dicendogli di stare tranquillo e di non pagare. Di certo non aveva improvvisamente deciso di abbonare il debito, ma semplicemente si era accorto che i carabinieri gli stavano con il fiato sul collo. E per Mario era giunta la salvezza.

Usura a Pomezia: quelli “del 10% al mese” verso le sentenze

L’infermiera di Ardea

Nei guai era finita anche Benedetta, un’infermiera di Ardea. Il suo stipendio non basta a coprire tutte le spese, tra mutuo e altre rate da pagare. La donna alla fine del 2018 non riesce a pagare tutto e ha bisogno di liquidità, ma la banca non le concede altri prestiti. Gianna, con cui l’infermiera si confida, le va in soccorso, dicendo che le presterà – a dicembre – 1.500 euro, anche se poi le darà solo 1.400 euro (100 sono per l’apertura pratica). Ma la donna le dice che quei soldi hanno un prezzo, come specificato dal suo responsabile Marco Bottiglieri. Poi si incontrano a Tor San Lorenzo per la scrittura del contratto: la donna dovrà restituire 3.480 euro, suddivisi in 24 rate da 145 euro. A garanzia, una cambiale in bianco. “Ho cercato di essere sempre puntuale con i pagamenti ma purtroppo, durante l’estinzione del primo prestito, ho avuto qualche difficoltà”. La donna paga le “multe” per i ritardi, subendo anche pesanti minacce. “Se non riprendi a pagare faccio venire i miei amici a casa tua”, le diceva Marco. E quando lei dice che si sarebbe rivolta ai carabinieri, lui risponde: “Sai che me fanno i tuoi amici?” e poi, per intimorirla, le chiede: “A proposito, come sta Cristina?”, riferendosi a sua figlia, che a quell’epoca aveva solo 8 anni. Ma Benedetta alla fine riesce a saldare il suo debito. Solo che, nel luglio del 2021, si trova nuovamente ad avere grossi problemi finanziari, dovuti a spese improvvise per i suoi genitori. Chiede altri 1.500 euro. Il prestito viene concesso, con 24 rate da 160 euro, per un totale di 3.840, quindi a un tasso più elevato della volta precedente. A settembre, anche Gianni, il padre di Benedetta, ha bisogno di un finanziamento. Chiede 1.000 euro, gliene danno 900, da estinguere in 24 rate da 110 euro per un totale di 2.640 euro. Benedetta gli fa da garante ed è lei che materialmente versa le rate di entrambi. L’infermiera inizia a pagare la doppia rata fino a gennaio, quando un lutto colpisce la sua famiglia. Il mese successivo non paga e nessuno la minaccia. I carabinieri hanno scoperto tutto. Ma queste sono solo alcune delle vittime degli strozzini arrestati dai Carabinieri. Le indagini sono ancora in corso. Ricordiamo che, per gli imputati, vige il principio della presunzione di innocenza: saranno i giudici a decretare se sono o meno colpevoli di quanto accusati. Intanto, però, è stato scoperto un altro vaso di Pandora, del quale parliamo da anni. L’usura sul territorio di Pomezia e Ardea. Un fenomeno che colpisce non solo imprenditori in crisi, ma anche casalinghe, piccoli commercianti, pensionati, disoccupati, percettori di reddito di cittadinanza. Persone insospettabili, che si trovano improvvisamente nei guai. E che per risolverli restano invischiati in un pantano dal quale non usciranno più. A meno che non trovino il coraggio di denunciare.

Si precisa comunque che i procedimenti sono ancora in corso e che vige la presunzione di innocenza per le persone arrestate. Saranno pertanto i giudici a stabilire le eventuali responsabilità.

Un giorno di ordinaria follia a Tor Bella Monaca: mamma e figlia prese a martellate, a fuoco un’auto (e la carambola tra tre auto)

Roma, superbonus 110%, imprenditori in protesta a Montecitorio: alta tensione in piazza (FOTO)

Impostazioni privacy