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Teli e corde nella stanza delle torture: 6 ore di minacce e pestaggi per chi non pagava i debiti

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Stanza delle torture - 14 arresti all'alba a Roma

Una stanza dove torturare chi non pagava. Torture che potevano durare fino a 6 ore. Tanto non ci sarebbe stato neanche il problema di pulire, perché muri e pavimenti erano rivestiti con dei teli, per evitare schizzi di sangue. Daniele Carlomosti, 44enne boss incontrastato, aveva pensato a tutto. Lui non aveva paura di ricorrere alla violenza. Un gigante cattivo. E “Gigante” era uno dei suoi due soprannomi, l’altro era “Bestione”, proprio per il suo aspetto fisico e per i suoi modi. Tanto violenti da non guardare in faccia nessuno. Neanche il fratello. Che aveva tentato di uccidere per stabilire il predominio del traffico degli stupefacenti a La Rustica

Vantava legami con il “Mondo di mezzo” e Massimo Carminati. E proprio Carminati, parlando di Carlomosti e dei suoi sodali, già nel 2013 diceva “quelli ‘so brutti forti, compà”. Carlomosti aveva creato un’organizzazione insieme ad altre 13 persone, arrestate ieri insieme a lui. I “brutti forti” definiti da Carminati. Che gestivano centinaia di chili droga l’anno. 

Organizzazione criminale rispettata da tutti

Ma l’organizzazione messa in piedi da Carlomosti era temuta da tutti. Persino Fabrizio Piscitelli, ucciso nel parco degli Acquedotti nel luglio 2019, portava rispetto per Daniele Carlomosti e gli riconosceva un ruolo di primo piano. Diabolik, oltre ad avere affari con Carlomosti, in un’occasione gli chiese l’autorizzazione per “terrorizzare” un suo debitore. 

Nei 14 arresti effettuati ieri mattina dai carabinieri figura anche Armando De Propris. Era stato coinvolto come imputato, poi assolto, nell’omicidio di Luca Sacchi. Per lui l’accusa era quella di essere il proprietario dell’arma utilizzata per l’omicidio. 

Il debito per la droga non pagata

Oltre che con Piscitelli, Carlomosti teneva rapporti con il clan di Michele Senese. Il boss, seppur in carcere, continuava a gestire la malavita romana attraverso i suoi sodali. E Carlomosti aveva capito che non poteva pestargli i piedi. Quindi Fabio Pallagrosi detto “Baciccio”, il braccio destro di Carlomosti, chiese ai familiari di Senese il permesso di fare fuori Maurizio Cannone. L’uomo non aveva pagato un debito da 64mila euro, ma un tempo era molto legato alla famiglia del boss, quindi prima di fare mosse false, Carlomosti voleva il suo benestare.

Nell’ordinanza a firma del Gip Tamara De Amicis si legge che il 7 dicembre 2018, proprio per dimostrare il suo rispetto nei confronti di Michele Senese, Pallagrosi si reca a casa del padre e della moglie per parlare della questione. E qui ottiene la benedizione e anche un consiglio su come ucciderlo. Cioè di farlo fuori usando uno “stiletto, arma convenzionalmente utilizzata per uccidere i rivali”. 

“Bestione” riesce quindi a prendere Cannone, detto “Fagiolo”. Anche lui risulta tra gli arrestati di ieri. Lo prende, insieme a “Baciccio”, per portarlo nella stanza delle torture. “Prendiamo quattro teli e te lo lego con 5 metri di corda. Mo lo incaprettiamo”, si legge nelle intercettazioni. 

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La stanza delle torture: 6 ore di violenze riprese al cellulare

La stanza, in un appartamento a La Rustica, viene preparata per l’occasione. Sia il pavimento che i muri vengono rivestiti con dei teli di plastica per evitare che si sporchino di sangue. Serve per non lasciate tracce in caso di futuri controlli. Nella spedizione punitiva ogni componente della banda ricopre un ruolo specifico. Carlomosti doveva legare e picchiare Cannone, spezzandogli tutte e due le braccia. “Baciccio” e “Zizzo” gli avrebbero preso le chiavi di casa per svaligiargliela. “Non voglio ammazzarlo, ma fargli male. Se mi muore accidentalmente poi lo butto dentro un sacco e lo butto al secchione”, dice “Bestione”. Tutto viene ascoltato dai carabinieri, che hanno messo un trojan nella stanza.

La tortura dura 6 ore. È l’11 dicembre 2018, 4 giorni dopo aver ricevuto il benestare da parte dei Senese. L’incubo per Cannone inizia alle ore 12:24. Viene spogliato nudo e torturato, picchiato, umiliato. Tutto viene ripreso con foto e video che vengono inviati ai familiari di “Fagiolo”, per costringerli a pagare. “Basta Daniè… Mi gira la testa, mi stai ammazzando”. Fagiolo prova a farlo smettere, ricordandogli che ha due figli a casa. Ma Bestione non smette. Anzi, lo minaccia di lesioni ancora più gravi, dicendogli di avere a disposizione per torturarlo forbici, un trapano e delle tronchesi. Lo lasciano tutto il tempo senza neanche bere un goccio d’acqua.

I video inviati a parenti e amici sono terribili. Alle 18:30 arriva una parte di soldi. 8 mila euro. Bastano per liberarlo. Cannone, con una frattura al setto nasale e contusioni ovunque, si reca al pronto soccorso del Sandro Pertini, dove dice di aver subito un incidente stradale. 

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La faida familiare: il tentato omicidio del fratello

Ma questo non è l’unico episodio di violenza. Ce ne sono molti altri. Pestaggi, gambizzazioni, estorsioni violente. Tra questi spicca però il tentato omicidio di Daniele Carlomosti nei confronti del fratello Simone. La faida familiare che li vede contendere la piazza di spaccio vede Daniele cercare di uccidere il fratello. Cerca infatti di sparagli dal balcone della sua abitazione mentre Simone è affacciato alla finestra, con una pistola calibro 7,65 e solo per caso non lo ha ucciso. Visto che l’omicidio non è riuscito, un membro dell’organizzazione aveva in quell’occasione proposto di ingaggiare un killer proveniente dalla Calabria. Un professionista che, per soli 500 euro, avrebbe compiuto l’omicidio. 

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